Carrozza: “La scuola italiana non è razzista. Lo studio è un diritto universale per tutti”

Carrozza

“La scuola italiana non è razzista, non lo sono i ragazzi e nemmeno gli insegnanti. Anzi, stiamo facendo un grande sforzo sul tema dell’immigrazione, dell’accoglienza e dell’integrazione. Sono le parole del ministro Maria Chiara Carrozza, che commenta i recenti episodi come quelli di Costa Volpino o di Landiona in un’intervista al Corriere della Sera.

Ministro Maria Chiara Carrozza, il tema dell’integrazione dei bambini stranieri a scuola si ripresenta ogni volta che si verificano casi come quello di Costa Volpino, nel Bergamasco, o di Landiona, in provincia di Novara. I genitori si rifiutano di iscrivere i propri figli in classi dove c’è una presenza massiccia di compagni stranieri. La scuola è razzista?

«No, non è razzista, non lo sono i ragazzi, non lo sono le famiglie, non lo sono gli insegnanti. Penso al contrario che la scuola italiana stia facendo tantissimo per l’immigrazione, per l’accoglienza, per l’integrazione. Tutto sommato fatti come questi sono un po’ estremi, avvengono in alcune realtà particolari e si possono affrontare senza paure caso per caso».

Facciamolo allora un esempio concreto, del tutto ipotetico, ma non dissimile da quelli citati. C’è una classe con 20 bambini stranieri e 5 italiani. Che si fa?

«Si parte dalla premessa che il diritto allo studio è universale, che spetta a tutti i bambini, che provenienze diverse, lingue diverse, culture diverse sono un’opportunità, non un disvalore, rappresentano una ricchezza. Detto questo è ovvio che quando ci sono eccessivi squilibri bisogna intervenire. Ma non sarà il ministero a farlo con provvedimenti generali, si interverrà caso per caso, come è stato ben fatto altrove. In Emilia-Romagna, in Toscana, a Prato per esempio».

Un provvedimento c’è, è la circolare della Gelmini del gennaio 2010 che prevede, come indicazione, un tetto del 30 per cento di bambini stranieri in classe. Lei ha intenzione di cancellarla?

«Per il momento non ho intenzione di cancellarla, è un’indicazione generale che nei casi particolari, e già succede, può non essere rispettata date le oggettive condizioni socio-territoriali. Inoltre occorre fare una distinzione tra i ragazzi che arrivano in Italia già grandi e magari non conoscono ancora bene la lingua, e possono aver bisogno di un supporto maggiore per l’integrazione culturale oltreché linguistica. Non possiamo considerare allo stesso modo degli altri i figli di immigrati che nascono in Italia o che sono arrivati piccolissimi da noi e conoscono la lingua quando cominciano le primarie. E possiamo considerare totalmente stranieri i bambini che vengono dalla patria comune, l’Europa? Questi bambini per me sono uguali a tutti gli altri bambini, non ci sono differenze. I nostri istituti di valutazione hanno verificato che spesso le performance degli allievi con cittadinanza non italiana sono simili a quelle degli italiani. Nella scuola italiana ci sono 736 mila alunni con cittadinanza straniera ma la metà sono nati in Italia. Sono stranieri?».

Che cosa dire ai genitori che comunque temono un rallentamento del percorso didattico dei loro figli in classi con troppi stranieri? Perché la «fuga» dalle scuole continua.

«Posso capire le preoccupazioni dei genitori, è chiaro che le classi vanno formate con equilibrio, non ci possono essere classi con troppi stranieri o con zero stranieri ma ripeto che i casi singoli vanno trattati singolarmente, resta alla scuola e al ministero il compito di investire nella formazione degli insegnanti perché possano dare un supporto ai ragazzi e alle famiglie e continuare il cammino verso l’integrazione. Una parte dei fondi che il decreto scuola votato dal governo destinerà alla formazione degli insegnanti andrà speso in questa direzione. L’Italia deve avere il coraggio di imparare dalla nostra scuola, i Paesi che vincono sono quelli che stanno vincendo la sfida dell’integrazione e della multiculturalità a partire dalla formazione scolastica».

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