Università e Media: l’auspicio di un’alleanza.

“Università: prove di cambiamento. E i media?” è l’incontro a cui il rettore Luigi Frati, presidi, docenti, ricercatori, studenti della Sapienza hanno partecipato.

“Università: prove di cambiamento. E i media?” è l’incontro a cui il 7 ottobre 2010 , il rettore Luigi Frati, presidi di facoltà, docenti, ricercatori, studenti, dottorandi e giornalisti della Sapienza hanno partecipato. A  ospitare l’evento la Facoltà di Scienze della Comunicazione.
Al centro del dibattito, lo stato di salute dell’università pubblica italiana e della sua “insana” relazione con i media. Innegabile è che sia un organismo molto delicato e complesso, che sia per lei un periodo caldo e difficile, ma a parere dei relatori presenti, sussistono segnali di ripresa che non trovano nella stampa e negli altri mezzi di comunicazione il giusto spazio.
Università e media devono comunicare alla società quello che sta accadendo, mettendo da parte interessi particolaristici e aprendosi davvero a un dialogo trasparente e chiaro. Il messaggio che devono lanciare è: la cultura è alla base di ogni sviluppo e progresso, ecco perché bisogna lottare affinchè l’università non perda le sue funzioni e la politica non la danneggi.
Il progresso e lo sviluppo sono inevitabilmente connessi con il trasferimento del sapere scientifico e in questo quadro risulta quanto mai importante la diffusione dell’internazionalizzazione, come ci ha illustrato l’intervento di Armando Montanari, docente presso la facoltà di Scienze Umanistiche. Ancora una volta i media hanno dimenticato di dare risalto all’aumentata percentuale di studenti internazionali che decidono di studiare in Italia, a Roma e in fine alla Sapienza. La ragione per cui al di fuori del mondo accademico, non è nota la mobilità internazionale, può essere legata a una lettura superficiale dei dati, da parte dei media.
Nel complesso l’Italia e la Sapienza (con l’1% sul totale dei suoi studenti) viene mostrata sempre in negativo, rispetto ad altre realtà internazionali. Ma perché evidenziare solo che siamo indietro , non dire, che nel nostro paese si registra una graduale crescita? Esempio concreto portato in aula da Montanari è costituito da due corsi di laurea della facoltà di Scienze Umanistiche, Mediazione Linguistico Culturale e Scienze del Turismo, che mostrano un tasso di studenti internazionali, pari rispettivamente al 15 e al 20% sul totale.  Non stiamo parlando di partecipanti a Progetti Erasmus o ad accordi bilaterali tra atenei, ma di persone, nate all’estero e, che lì hanno sempre studiato, che decidono, con il sostegno delle proprie famiglie, di completare il loro percorso formativo presso le università italiane. Probabilmente a incidere sulla loro decisione di venire o meno in Italia è l’alto costo della vita per esempio in città come Roma e una minore diffusione del diritto allo studio rispetto ad altri paesi esteri.
Ma il tasso di mobilità umana è destinato a crescere, anno dopo anno, ed è fondamentale e decisivo, quindi, migliorare i servizi di accoglienza e fornire i giusti strumenti per chi voglia venire a studiare nel nostro paese. Investire nell’università e nella formazione resta la chiave di volta per lo sviluppo e l’innovazione.
Come correggere un rapporto, secondo la maggior parte dei relatori, distorto tra media e università? Probabilmente attraverso un’alleanza che porti l’università a riconoscere i propri limiti e le proprie colpe e a fornire ai media gli strumenti, anche statistici, per poter raccontare la realtà accademica italiana e ciò che di buono la caratterizza.
Occorre rileggere gli stereotipi, modificare la retorica che i media utilizzano quando parlano dell’Università, ma nulla è possibile senza il supporto di quest’ultima.
Annalisa Amato

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