Psicologia, è boom di scritti: "Dopo il coronavirus più possibilità di lavoro"

Più fragili, più stressati, più insicuri, più impauriti, più soli, più poveri. Così siamo, ci sentiamo e dicono saremo anche dopo l’emergenza coronavirus. Lo sentono e l’hanno capito anche gli studenti che per sostenere la “tenuta emotiva” del Paese (che preoccupava già a marzo pure il premier Giuseppe Conte) c’è e ci sarà bisogno in futuro di sempre più psicologi. Ma non solo. Perché questa figura professionale, che fino a qualche anno fa – dicono i diretti interessati – veniva percepita come un mestiere umanistico, addirittura un po’ artistico, centrato attorno all’unica figura dello psicoterapeuta, si va arricchendo e sviluppando in percorsi sempre più articolati, resi ancor pù evidenti dall’epidemia Covid. “Alla fine dello scorso inverno ho capito che volevo fare una professione di ambito medico, sanitario o clinico – racconta Fabiola, neo matricola all’università Federico II di Napoli dove il Tar della Campania ha appena ammesso con riserva 40 ricorrenti contro il numero chiuso – e così ho scelto Psicologia“.

Una forte impennata per gli studi in “Scienze e Tecniche psicologiche” (così si chiama nella maggior parte delle università italiane, da Sud a Nord) che proprio nel 2021 festeggeranno il cinquantenario dell’istituzione dei primi due corsi di laurea in Italia (nati nel 1971, uno a Roma e l’altro a Padova) e conferma un trend crescente già riscontrabile da qualche anno ma che stavolta, in alcuni atenei, si traduce in un vero boom. Che se appare contenuto in termini assoluti, per via dell’accesso programmato su base locale che assegna un numero ridotto di posti ad ogni corso, è facilmente dimostrabile guardando agli aumenti in percentuale.

All’università Milano-Bicocca sia lo scorso anno che questo, i banchi messi a bando erano 620. Ma se nel 2019 si sono presentati in 4246, quest’anno gli aspiranti iscritti sono stati 6093: il 43,5 per cento in più. Per i corsi di laurea magistrale si è registrato un aumento del 10% rispetto all’anno precedente: 535 iscritti contro 488. Particolarmente interessante la crescita della magistrale in inglese in Applied experimental Psychological Sciences, dove gli immatricolati sono più che raddoppiati.

All’università di Catania la platea dei posti a disposizione è cresciuta da 250 a 350 e così sono aumentate, e di molto, pure le domande. Il 38,3% in più di neodiplomati ha pensato di iscriversi a Psicologia e così le richieste sono arrivate a 1982 contro 1433 del 2019.

Un caso pure il corso interateneo dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Università di Parma dove, a parità di posti, la voglia di iscriversi a Psicologia è cresciuta del 36,7%: 1042 domande contro 762 dell’anno precedente. La maggior parte sono donne (81%). L’età media è 21,4 per le ragazze e 22,9 per gli uomini. Ma tra gli iscritti c’è pure un 61enne. I candidati extra regione e stranieri sono il 30%.

Loris Vezzali, presidente del corso di laurea triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche dell’Unimore (Modena e Reggio), spiega: “I tempi che stiamo vivendo senz’altro hanno influito sulle scelte dei ragazzi. La psicologia ora è diventata una materia sanitaria, ha a che fare con il benessere. E sono possibili nuovi e diversi ruoli per i professionisti: si è parlato molto dello psicologo scolastico, uno per ogni istituto, o dello psicologo aziendale”. Per Vezzali poi ci sono motivazioni che invece hanno a che fare con la migliore offerta dell’università: “Il nostro corso di laurea è nato da appena cinque anni e già quest’anno ha scalato il quinto posto in assoluto nella classifica Censis e il primo posto per la didattica. Inoltre già utilizziamo da tempo la modalità blended learning che combina lezioni in presenza e piattaforme digitali”.

Scendendo lungo la Penisola, la tendenza si conferma. All’università di Firenze i posti a bando sono sempre 540, ma le richieste sono aumentate: da 1562 dello scorso anno a 1745 di oggi. In percentuale: più 11,7%, E ancora: all’università del Salento si registra una crescita della domanda del 6,3%; a Bari +2,6%, a Trento +2%.

“Da alcuni anni – racconta Fabio Lucidi, preside della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza di Roma – anche da noi c’è un buon numero di domande di accesso ai nostri corsi di laurea: quasi 3mila per 650 posti. La professione, in questi cinquant’anni di studio, si è traformata moltissimo grazie ai legami, ad esempio, con le nuove tecnologie. E va sviluppandosi in un percorso sempre più articolato che in cui la psicologia entra nel lavoro, nello sport, nella scuola, negli ospedali, nella comunicazione, nel marketing, nell’economia. E già da qui si capisce come il coronavirus abbia influenzato le scelte. Ma Covid ha reso molto evidente anche che la salute e la malattia non sono solo una questione di cura, ma riguardano molto da vicino i comportamenti umani. In questo senso anche la gestione dell’epidemia e il dibattito pubblico hanno creato una maggiore attrattiva sulla nostra professione”. 

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