Guardo il mio smartphone e tra le varie notifiche trovo un’email che cattura sin dall’inizio la mia attenzione. È firmata Comboios de Portugal- la Trenitalia portoghese per intenderci- e pubblicizza un’offerta rivolta ai non residenti nel paese che vogliono viaggiare in modo avventuroso, in modo illimitato, per sette giorni in un mese. Ammetto che ne resto subito affascinata. Vorrei conoscere di più del luogo di cui sto imparando cultura, tradizioni, lingua e mi alletta molto l’idea di partire per questo viaggio da sola. Torno in Italia per le vacanze di Natale e continuo a rimuginare sulla cosa, finché torno in Portogallo, concludo con profitto la sessione di esami e decido che un viaggio me lo sono proprio meritata. Prendo il mio amato zaino da escursione, il mio più fedele compagno Erasmus e, a gran sorpresa, per la prima volta riesco a portare solo l’essenziale e la mia voglia di conoscere e scoprire. Intanto faccio il mio itinerario. Prenderò un treno ad alta velocità ed arriverò ad Aveiro, poi passerò per Coimbra ed infine due altri posti, magari considerati meno turistici, Leiria e Santarém. Prenoto gli ostelli e mi informo su ciò che vorrò visitare ed anche mangiare.
Finalmente arriva il giorno della partenza ed arrivo in quella che è chiamata la Venezia portoghese, Aveiro, una cittadina attraversata da canali percorsi da imbarcazioni simili alle gondole, adornate con dipinti riguardanti la città. Il mio ostello si affaccia esattamente sul canale principale, che, non appena vedo, mi rapisce ed adoro la città sin da subito. Il pomeriggio in cui arrivo è nuvoloso e accompagnato da qualche pioggia, che impedisce la circolazione di grandi masse di turisti e questo mi rende più facile l’esplorazione. Se c’è una cosa che sto imparando a fare quando viaggio è lasciarmi guidare dall’istinto, incappare in qualche vicoletto pittoresco e sconosciuto e abbandonare la metallica voce del navigatore che mi comanda quale strada prendere, se girare a destra o a sinistra. Nella speranza che la flânerie di Baudelaire si incarni in me, vagabondo tra le strade portoghesi e scopro numerosissime chiese dall’aspetto esteriore decisamente austero, con muri bianchi ed al massimo qualche azulejo come decorazione (le tipiche mattonelle), austerità che si trasforma in un’abbondanza barocca non appena entrati: se presenti,le cappelle sono decorate così come l’altare con la decorazione del legno, intagliato e lavorato, che si ritrova in tutto il paese. La mia esplorazione poi indugia a livello culinario: la parola d’ordine qui, una volta varcata la soglia di una pasticceria, è ovo mole, un dolcetto preparato anticamente dalle suore, in cui un composto d’uovo è custodito gelosamente da due ostie. Immancabile il baccalà, per il quale, secondo la tradizione portoghese, esistono 365 ricette, una per ogni giorno dell’anno. Il mio viaggio prosegue poi a Coimbra, città molto prestigiosa a livello culturale, sia per la nascita di una delle prime scuole del Portogallo nel Monastero di Santa Cruz, che per la fondazione della prima università del paese. Qui si assaggiano le salite che troviamo anche a Lisbona. Per raggiungere l’Università bisogna percorrere delle stradine abbastanza inclinate, ottime per la tonificazione dei glutei, che, metaforicamente, ricordano agli studenti, che il percorso universitario sarà in salita e alquanto faticoso. Per chi non lo sapesse qui c’è un’antica biblioteca, magari non famosa all’estero quanto la Livraria Lello e Irmão di Porto, completamente costruita in legno tek, risalente al XVIII secolo. Il custode, estremamente severo, racconta a noi visitatori il metodo in cui si tengono alla larga insetti indesiderati per legno e libri: una colonia di pipistrelli è amorevolmente accudita, <<tecnologia del XVIII secolo!>> aggiunge fiero. Qui si possono ammirare prime edizioni di diversi autori portoghesi e gli amanti dei libri saranno d’accordo con me nel fatto che tutto è semplicemente incantevole: resterei per ore a rimirare quegli scaffali, quei dipinti, quelle scalette in legno per raggiungere i piani più alti, ma, come avrebbe potuto suggerire Kerouac, dovevo andare! Per i più religiosi, ma anche amanti del trekking, qui c’è un monastero che fa parte delle tappe del Cammino di Santiago, che accoglie i pellegrini, ovvero Santa Clara a Nova. Dalle rive del fiume Mondego mi sposto in un paesino che custodisce un castello costruito tra XIII e XIV secolo, arroccato su una cittadella, al cui interno custodisce anche i ruderi di una Chiesa in stile gotico, attualmente senza soffitto, un ambiente davvero molto suggestivo ed in cui gli amanti della storia dell’arte possono studiare con perizia ed individuare le varie componenti. Il mio viaggio si conclude a Santarém, ad un’oretta di treno (regionale) da Lisbona, una località così poco abituata al turismo che è difficile anche trovare una cartolina da poter comprare come ricordo. Questa giornata la trascorro in completa tranquillità, senza orari o fretta, anche perché i vari chilometri macinati iniziano a far sentire il loro peso, sorseggiando un caffè ed addentando un gustoso pastel de nata ristoratore.
In questa settimana on the road ho sì conosciuto luoghi nuovi, cibi, colori, ma ho dimostrato a me stessa che sono in grado di contare solo sulle mie forze; mi sono dimostrata di riuscire a muovermi in un paese straniero di cui ho appreso solo da qualche mese la lingua, seppure in modo veloce. Senza dubbio, ciò che ho realizzato principalmente è che una giovane donna può fare strada anche solo con un unico paio di scarpe. Meglio se da trekking.
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