Paternità e competenze di leadership: 7 grandi lezioni da 7 Ceo

In tempo di emergenza coronavirus Covid-19, con relativa quarantena e smart working, le persone si ritrovano immerse contemporaneamente in vita personale e professionale, ruolo di genitori e lavoratori, alla ricerca di un nuovo equilibrio. Vale anche per i 7 papà e Ceo  che hanno preso parte, proprio nel giorno della Festa del papà, all’evento streaming organizzato da Life Based Value per riflettere sulla paternità come palestra di competenze chiave anche per la sfera manageriale.

Così come la maternità, infatti, anche la paternità, se ben vissuta, migliora sensibilmente le capacità professionali e di leadership da tantissime prospettive diverse: intelligenza umana, emotiva, doti organizzative e così via. Questo anche grazie al fatto che i figli, per quanto “dipendenti”, daranno sempre un feedback sincero ed autentico, costringendo l’adulto a fare i conti con dinamiche assolutamente nuove. Gli esempi emersi durante l’evento sono tanto semplici quanto illuminanti.Pubblicità

Vediamo a seguire le pregnanti lezioni apprese e condivise dai relativi Ceo durante i loro interventi moderati da Riccarda Zezza, Ceo di Life Based Value.Matteo Sarzana, general manager Deliveroo: “L’arte del negoziato e del dare l’esempio”
“Il più bravo negoziatore al mondo, come mi è stato insegnato, è un bambino di 5 anni, che non si farà mai problemi a continuare a chiedervi una cosa fino allo sfinimento finché non l’ha ottenuta. Da qui ho appreso che spesso bisogna passare dal comandare al negoziare. Ho dovuto imparare a dire tantissimi sì anziché tantissimi no, anche quando sono stanco e non vorrei giocare per la milionesima volta a quel gioco, anche perché ci si rende conto che la singola occasione di quel momento non tornerà. Ho imparato a passare dal dare la regola al dare l’esempio, che è la cosa che ci rende più credibili sia a casa che sul lavoro. In ultimo, ma non per importanza, il tema della delega attraverso la formazione/educazione: se continuiamo a fare le cose al posto dei nostri figli anziché insegnargliele, proprio come i nostri dipendenti, non impareranno mai”.

Marco Piuri, Ceo Trenord: “La gestione dell’imprevisto e il non prendersi troppo sul serio”
“Con la prima figlia ci sono stati problemi di ospedalizzazione e dopo di lei avevamo fatto fatica per qualche tempo ad averne altri. Queste due vicende rimandano alla capacità di risposta e di responsabilità utili anche al mondo professionale, ti insegnano che ‘Dio esiste ma che non sei tu’ e che non si può avere neanche sul lavoro tutto sotto controllo, ci sarà sempre l’imprevisto. Mi ha insegnato che nella vita devi fare tutto il possibile come se tutto dipendesse da te, ma sapendo che l’esito non lo determini tu. È importante essere seri ma il non prendersi troppo sul serio. Proprio come in famiglia, anche come Ceo penso che saremo ricordati per ciò che di più grande lasceremo in azienda, non per i margini più o meno alti”.

Carlo Carollo, vicepresidente Samsung: “Regole chiare e incanalamento delle energie”
“I figli, intanto, sono per sempre, mentre i lavori cambiano. Nel momento in cui la paternità, che è probabilmente la cosa più bella della vita, arriva, ti obbliga a ricalibrare sforzi ed energie. Il primo impatto è stato per me quello di dover fare una scelta: un lavoro impegnativo poteva essere una scusa per spendermi poco nel mio nuovo ruolo famigliare? Io ho scelto di provare a fare la mia parte e la prima cosa che ho dovuto imparare è stata la gestione della variabile tempo con revisione delle priorità, che per me è stato un elemento di crescita molto forte. Una seconda riflessione nella correlazione tra dimensione parentale e professionale è sicuramente la ricerca di linee guida per la leadership, che nel mio team sono: chiarezza, incanalamento delle energie, celebrazione di successi e fallimenti. Tre elementi che trovo anche nella mia dimensione genitoriale. Con i bambini, ad esempio, lo sforzo più grande è decodificare con semplicità le cose del mondo. I parallelismi sono davvero tanti”.

Armando Ponzini, Ceo Cargeas: “Un nuovo capitale umano e una diversa cultura dell’errore”
“Diventare padre mi ha esposto a un’esperienza che han cambiato il mio modo di essere, mi ha insegnato che ci serve un pizzico d’incoscienza nell’agire, sia per scegliere di essere genitori sia per scegliere di fare i manager. Il mio background era poco umanistico ma molto tecnico ed entrare a contatto con questo nuovo carico di emotività infantile è stato un impatto immenso. I miei figli mi hanno insegnato a dare feedback con maggiore tatto, anche perché quando parlo con i miei dipendenti vedo in loro gli stessi occhi. Se sbaglio chiedo più scusa rispetto a un tempo. Non solo. Quando insegni a tuo figlio a tuffarti per molti è automatico continuare a correggerlo per perfezionismo e lui probabilmente perderà a un certo punto entusiasmo, questo in azienda mi ha insegnato che anziché obiettivi troppo sfidanti, come invece spesso si dice, servono obiettivi raggiungibili e motivanti, ma anche una diversa cultura dell’errore.

Emiliano Rantucci, Ceo Avanade: “Superare il problema con il pensiero laterale”
“Sviluppare l’empatia, cercare di capire cosa sta pensando e come si sente l’altro, lo si deve fare con figli e collaboratori. In questi anni poi ho sviluppato tantissimo anche la capacità di pensiero laterale, che ho speso sia in famiglia che sul lavoro. Evitare quindi di guardare solo al rapporto causa-effetto ma spostare il punto di osservazione dal problema alla soluzione, come quando un figlio ha una difficoltà con una data materia scolastica. Infine, ovviamente, c’è il tema dell’apprendimento continuo, che vale per vita privata e professionale”.

Riccardo Barberis, Ceo Manpower: “L’eterogeneità degli approcci e lo stare con i piedi per terra”
“Con i figli non ci sono ricette standard e servono approcci diversi in base a carattere, momento di crescita e così via. Lo stesso vale per i propri dipendenti. Questo gioco di alternanza tra l’essere manager e leader si ritrova nell’essere padri come nell’essere Ceo. Altra cosa (che dice mia moglie) è che la paternità fa bene al Ceo perché lo tiene con l’ego un po’ più contenuto e con i piedi per terra, costringendolo a bagni di realtà quotidiana. Ho imparato anche a sviluppare la capacità di risultare interessante e incisivo in quei 5 secondi d’attenzione che mi è dedicata prima che il figlio torni con il volto sul telefono. Questa situazione del coronavirus, poi, mi ha anche portato a capire che bisogna avere fiducia gli uni degli altri ed essere flessibili: i figli sono smarriti come i colleghi, ma si accollano anche nuove responsabilità come il fare la spesa”.

Giuseppe Cerbone, Ceo Il Sole 24 Ore: “La condivisione delle decisioni”
“Siamo spesso anche padri e madri ma in azienda sembriamo dimenticarlo. Con i figli ho imparato a far capire sempre le mie decisioni, renderli partecipi con tempo e pazienza, e in azienda è la stessa cosa. Questa osmosi tra valori materiali e immateriali che stiamo sperimentando con questo nuovo modello di lavoro da casa, causa coronavirus, io credo che possa riflettersi positivamente nel medio lungo termini anche in valori di bilancio aziendale”.

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