«No all’Agenzia nazionale della ricerca», l’appello di 5.000 professori

5.026 professori e ricercatori di 77 università e enti di ricerca hanno scritto una lettera al Governo e al Parlamento chiedendo di ritirare il provvedimento istitutivo della nuova agenzia governativa: «Mette a rischio i già pochi finanziamenti per la ricerca di base»

E’ uno dei tanti capitoli della legge di Bilancio su cui il governo si è spaccato. Parliamo della futura Agenzia nazionale della ricerca, una nuova realtà che dovrebbe servire a promuovere, coordinare e finanziare i progetti dei vari enti di ricerca italiani con una dotazione – a regime – di 300 milioni l’anno. A differenza di analoghe strutture europee, a stringere e allargare i cordoni della borsa non sarebbe incaricato un comitato scientifico formato da ricercatori di chiara fama anche internazionali, ma un direttivo di nove membri, 6 dei quali di nomina governativa. Alcune settimane fa il ministro Lorenzo Fioramonti, ex cervello in fuga presso l’università di Pretoria, ha preso posizione contro il provvedimento inserito a sua insaputa da fantomatiche «manine» nella legge di Bilancio promettendo di cambiarlo. Ma poi non se ne è saputo più nulla. Nel frattempo il Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria, coordinato dal professor Carlo Ferraro, già docente del Politecnico di Torino, ha deciso di promuovere un «Appello per la Ricerca Italiana» che, nei 3 giorni di diffusione utili per firmarlo, è stato sottoscritto da 5.026 Professori e Ricercatori di 77 Università ed Enti Pubblici di Ricerca Italiani. A preoccupare i firmatari è il rischio che l’Agenzia promuova solo alcune aree della ricerca applicata, trascurando quella di base che già soffre di un sottofinanziamento cronico. Di qui la richiesta di ritirare il provvedimento, che potete leggere nella lettera pubblicata integralmente qui sotto.

Illustrissimo Presidente del Consiglio dei Ministri, Illustrissimi Ministri, Illustrissimi Senatori e Deputati,
la proposta di legge di Bilancio per l’anno 2020 prevede l’istituzione dell’Agenzia Nazionale della Ricerca (ANR), che gestirà fondi destinati alla ricerca con risorse pari a 25 milioni di euro per il 2020, 200 per il 2021, 300 per il 2022.

Le prerogative dell’ANR sono alquanto indefinite. Ad esempio, le sue attività e le sue regole di funzionamento saranno disciplinate da un successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ma c’è un aspetto ancor più grave: le linee indicate nella Legge di Bilancio per l’individuazione delle Ricerche da finanziare da parte dell’ANR portano ad indirizzare le risorse disponibili solo su alcune aree della Ricerca, alle quali, evidentemente, saranno assegnate in modo selettivo le risorse. Per tutte le altre aree non ci sarà nulla, ed esse sono così fortemente a rischio di estinzione, dato che i fondi per la ricerca sono al lumicino in moltissimi Atenei.

Dopo tanti anni di assenza totale di fondi per la Ricerca uno stanziamento selettivo non ci sembra né opportuno né idoneo: ad aree particolari è certamente lecito destinare risorse, ma devono essere aggiuntive, assegnate solo dopo aver già assicurato tutte le risorse necessarie alla Ricerca di Base, la vera essenza della Ricerca, che ha come obiettivo primario lo sviluppo della Cultura e dei Saperi, senza necessità di finalizzazione immediata o materiale. Ciò senza voler togliere nulla alla Ricerca Applicata, che ha un arco temporale e finalità sue proprie diversi.

La Ricerca di Base, oltre all’ampio respiro di accrescere la Cultura e i Saperi dell’intera cittadinanza, accantona in anticipo quelle conoscenze che, in presenza di esigenze di particolare urgenza, permettono di avere subito pronti gli strumenti teorici e metodologici per soddisfare tali esigenze, senza dover correre affannosamente ad attivare nuove linee di ricerca che daranno frutti solo nel tempo, di fronte a urgenze sempre più impellenti. La Ricerca di Base, dunque, assicura in anticipo, in maniera lungimirante, le conoscenze necessarie per agire tempestivamente: è la vera fonte dell’innovazione.

Nel distribuire le risorse per la Ricerca previste nella Legge di Bilancio occorre prendere esempio da quegli Agricoltori che, dopo un periodo di siccità per tutti i loro terreni, avendo finalmente acqua a disposizione, non la utilizzano solo per i terreni che ritengono più fertili, lasciando nella siccità quelli ritenuti meno fertili, per poi rammaricarsi se questi ultimi non danno frutti (o, peggio, “rimproverandoli” di non aver dato frutti…): li irrigano tutti, così raccolgono poi frutti da tutti. Nella Ricerca, fuor di metafora, seguendo il dettato della Legge proposta, si arriverebbe all’assurdo di aree, o settori o gruppi di Ricerca o singoli Docenti lasciati di fatto senza risorse: aree, settori, gruppi o singoli Docenti che poi, periodicamente, verranno valutati per le ricerche fatte, e quindi anche penalizzati per non aver fatto quelle ricerche che prima non si sono volute finanziare. Con metafora di tipo diverso, sarebbe come se il capo di un’industria, assunti i propri dipendenti e pagati i loro stipendi, ad alcuni desse le risorse per gli impianti e per produrre, ad altri dicesse: “Cercatevi le risorse per produrre, io ho già esaurito il mio compito pagandovi gli stipendi. E fate tutto bene, perché periodicamente vi chiederò quanto avete prodotto e, se sarete in difetto, vi penalizzerò”.

Nella proposta di istituzione dell’ANR c’è un altro aspetto molto grave, e cioè il fatto che l’ANR è essenzialmente di nomina “politica”: infatti il Direttore è scelto dalla Presidenza del Consiglio e altri 5, dei 9 componenti complessivi, sono nominati da vari Ministri. La politica entrerebbe quindi a piè pari nel controllo delle Università e degli Enti di Ricerca, in dispregio dell’Art. 33 della Costituzione (“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento….”). Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Chiar.mo Prof. Lorenzo Fioramonti, ha dichiarato pubblicamente che il Provvedimento sull’ANR non gli era noto, che è passato a sua insaputa e ne proporrà la correzione.

La correzione del Provvedimento a noi non basta: ne chiediamo il ritiro e la conversione delle risorse. In prima istanza, chiediamo che le risorse disponibili siano destinate alla Ricerca di Base, cosicché possano accedere ad esse tutti i Professori e i Ricercatori delle Università e tutti i Ricercatori degli Enti di Ricerca. In subordine, chiediamo che le risorse disponibili siano destinate a borse di studio per gli Studenti, a borse di Dottorato e di Specializzazione Medica, all’assunzione di Ricercatori a Tempo Determinato di tipo B, alle progressioni di carriera dei Ricercatori a Tempo Indeterminato e dei Professori Associati delle Università, alle stabilizzazioni e alle progressioni di carriera dei Ricercatori degli Enti di Ricerca.

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