Come far tornare in Italia tutti quei cittadini che negli ultimi anni sono andati all’estero, spinti da migliori condizioni di vita e di lavoro? Una domanda a cui i passati governo avevano cercato di dare una risposta attraverso attraverso degli incentivi per chi volesse tornare (e quindi pagare le tasse) nel bel Paese. Ma ora il governo Meloni, il suo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il viceministro Maurizio Leo vogliono tagliare gli sgravi fiscali del 50%.
Le novità del governo
Le novità sono state approvate dal Consiglio dei ministri, che ha attuato una delega parlamentare e ha tagliato gli incentivi che resistevano da un decennio: dal 2024 dipendenti e autonomi potranno beneficiare di un regime fiscale agevolato per un massimo di 5 anni, con un taglio delle tasse del 50% ma solo fino a 600mila euro di reddito. Oggi gli sconti sulle tasse non hanno limiti di reddito e possono durare anche 10 anni, con tagli dal 70% al 90%, se si sceglie di vivere al Sud. Dal 2024 per avere lo sconto bisognerà essere stati all’estero per tre anni, contro i due attuali, e se si cambia idea prima di un quinquennio scatta l’obbligo di restituire tutto con gli interessi.
In questi anni la norma comparsa la prima volta nel decreto Crescita del 2015 ha aiutato molto le squadre di calcio che, a parità di costo aziendale, hanno potuto garantire ai giocatori provenienti dall’estero ingaggi più alti grazie allo sconto sulle tasse. Il bonus per gli sportivi professionisti funziona diversamente rispetto alle altre categorie, ma è sempre stato comunque molto vantaggioso: taglio del 50% sulla tassazione del reddito, più un contributo dello 0,5% dell’imponibile destinato al potenziamento dei settori giovanili.
Rossi (Controesodo): “Non ci sarà risparmio e nuove risorse da poter riallocare”
Secondo il ministro dell’Economia “dei 24.450 impatriati i ricercatori sono 1.800, gli altri sono top manager che hanno sfruttato un’agevolazione”, una norma che secondo Giorgetti costa alle casse dello Stato “1,3 miliardi di euro l’anno”. Ma è davverso così? Corriereuniv.it lo ha chiesto a Francesco Rossi, fondatore insieme a Michele Valentini del Gruppo Controesodo.
“Secondo la Ragioneria dello Stato – spiega Rossi – dato che i nuovi contribuenti non erano in Italia, ancorché si trasferissero pagando meno tasse, è sempre nuovo gettito che prima non c’era, e se qualcuno comunque decidesse di tornare l’ammontare delle tasse pagate si annullerebbe con chi non deciderà di rientrare per le nuove regole. Quindi non c’è nessun risparmio e non ci sono risorse da poter allocare altrove. Giorgetti va in aula e dice che quest’agevolazione costa un miliardo di euro perché dietro c’è una visione politica, che possiamo anche comprendere, per cui, da un lato c’è un fenomeno vero di risparmio sulla tassazione per le società di calcio sui contratti dei calciatori, l’altro è qualche “furbetto” che, essendo ora la permanenza all’estero di 2 anni fiscali c’è fa risultare di essere rientrato anche se invece non è così. Un comportamento scorretto che si poteva tranquillamente arginare dicendo che invece di 2 anni fiscali se ne mettevano 4 o 5. Credo che la questione sia più ideologica che pratica”.
“Sui requisiti di accesso che si vogliono reintrodurre, come la laurea, io non sono né caldo né freddo, l’avremo fatto in modo diverso perché come sono scritti sono anche difficili da interpretare. Sul fatto che si dovesse andare a ridurre qualche abuso, che sicuramente c’è, si poteva lavorare di fioretto e non di zappa. Se il problema erano i calciatori bastava mettere il requisito della laurea. Cambiare la normativa adesso, visto che i dati dimostrano come stava iniziando ad essere conosciuta e quindi usata anche per attirare in Italia anche stranieri, non solo cervelli di ritorno o professionalità, ma chi era attratto dalla vita nel nostro Paese. Nelle nuove bozze paradossalmente si salverebbero i contratti sportivi firmati fino al 31/12/2023 che avrebbero quindi gli incentivi per gli anni avvenire”.
La problematica delle nuove regole
“Con il decreto c’è la riduzione della percentuale di sgravio ma non è neanche il punto più importante anche se ovviamente riduce l’appeal – afferma Rossi -. Ciò che incide davvero è l’abrogazione delle norme sul radicamento“. Questi incentivi ora vengono applicati in base ad una serie di parametri che dimostrano la stabilità del progetto di ritorno. Come ad esempio fare un figlio in Italia, acquistare una casa e così via. Azioni che attraverso l’attuale normativa di trasformano in bonus a dimostrazione del perpetuarsi della permanenza e quindi del contributo fiscale generato. “Loro dicono tolgono il radicamento, sparisce la possibilità di aumento di sgravio con casa e figli, in parallelo si scrive che se un soggetto non rimane 5 anni bisogna ridare quanto ricevuto. Questo denota un’incomprensione totale della dinamica del fenomeno. Perché se lo sgravio fiscale mi fa arrivare in Italia un contribuente che prima non c’era anche se si pagano meno tasse si guadagna il gettito e poi se rimarrà arriverà a pagare un gettito normale. Chi aveva dei dubbi sul rientro con queste regole non tornerà. Pensiamo ad esempio al fatto che nell’attuale normativa ci sono maggiori incentivi per chi si trasferisce al Sud dall’estero, 2mila persone sulla base degli ultimi dati riferiti al 2021. Con una norma a costo zero: non succedeva dal dopoguerra”.
Insieme ad altre associazioni Controesodo ha lanciato una petizione sul portale Change.org, arrivata ad oltre 8mila firme. Inoltre i fondatori hanno scritto una lettera aperta al viceministro Leo: “Noi vogliamo che ripensino all’intervento. La legge funziona, è a costo zero come dice anche la Ragioneria dello Stato, quindi non vi venite a dire che non è così. Si nota un’incomprensione del fenomeno, così con una normativa punitiva e riduzione degli incentivi di radicamento non rientrerà più nessuno”.
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