Harvard boccia le misure italiane sul coronavirus: rischi sottovalutati e tanti errori

ARRIVA dagli Stati Uniti uno studio che boccia parte delle misure italiane per contrastare il coronavirus. Secondo l’analisi della rivista scientifica Harvard Business Review, pubblicazione di una delle più famose università statunitensi, l’Italia ha compiuto alcuni errori nel rispondere alla diffusione di Covid-19. Eppure un primo studio dello stesso ateneo aveva lodato la decisione di mettere tutto il paese in isolamento, chiudendo attività commerciali e servizi. Ora, questo secondo report segnala politiche sbagliate che avrebbero portato a una maggiore diffusione dell’epidemia.

La sfortuna

Anche se parte della crisi può avere avuto sviluppi che “non potevano essere sotto il pieno controllo dei legislatori”, ci sono alcuni punti che mettono in evidenza quanto i leader italiani abbiano affrontato troppi ostacoli “nel riconoscere l’entità della minaccia rappresentata da Covid-19, nell’organizzare una risposta sistematica e nell’apprendere cosa fare dai primi successi e “fallimenti”. Quello che è accaduto nel nostro Paese, secondo i ricercatori Usa, è stato “un fallimento sistematico nell’assorbire e agire rapidamente ed efficacemente in base alle informazioni esistenti”. Perché, spiegano gli esperti, non c’era “una completa mancanza di conoscenza di ciò che doveva essere fatto”, in quanto c’era “l’esempio della Cina”. 

Sottovalutare i rischi

Uno dei primi fattori ad aver condizionato le scelte del governo italiano sarebbe un meccanismo psicologico che ci fa cercare informazioni che confermino il nostro modo di vedere le cose, scartando quelle che sono in contrasto alla nostra visione. In pratica abbiamo fatto di tutto per sottovalutare i rischi. “I problemi come le pandemie, che si evolvono in modo non lineare (per esempio, iniziano in piccolo ma si intensificano in modo esponenziale), sono difficili da affrontare a causa delle difficoltà nell’interpretare in modo rapido ciò che sta accadendo” scrivono gli esperti. Il momento ideale per l’azione è all’inizio, “quando la minaccia sembra essere piccola” o inesistente, cosa che invece non è avvenuta in Italia. 

All’inizio in Italia la minaccia non è stata considerata in modo adeguato. E gli esempi parlano da soli. Lo studio di Harvard ricorda la campagna “Milano non si ferma” in cui a fine febbraio molti politici si sono stretti la mano sottolineando la necessità di “non andare nel panico”. E Nicola Zingaretti organizzò un aperitivo nel cuore di Milano. I ricercatori puntano il dito contro i politici parlando di “incapacità sistematica di ascoltare gli esperti” e comportarsi nel modo corretto.

No a provvedimenti graduali

I ricercatori Usa sottolineano quanto sia importante in futuro imparare a riconoscere gli aspetti che ci portano a sottovalutare un pericolo, proprio come è avvenuto nel caso del Covid-19. Inoltre gli esperti di Harvard bocciano i provvedimenti graduali, come i decreti che in Italia hanno intensificato l’isolamento sociale in modo progressivo. Non è stata una decisione adeguata in quanto “non coerente con la rapida diffusione del virus” e perché quanto stava accadendo in diverse aree del Paese faceva già capire la gravità della situazione. Inoltre questo tipo di approccio, con una differenziazione per aree, ha spinto molte persone a fuggire verso il Sud del Paese, con l’ulteriore rischio di diffondere ancora di più il virus.

La linea dei contagi

Il Paese non si è rivelato all’altezza nel tracciare la linea dei contagi. Un problema che, secondo gli esperti Usa, è collegato al fatto che in Italia la Sanità è gestita in modo diverso dalle diverse Regioni. E proprio per questo ci sono state zone del paese che hanno reagito meglio di altre. L’esempio è quello di Lombardia e Veneto. Le due Regioni hanno applicato approcci simili come il distanziamento sociale  e le chiusure. Ma il Veneto ha adottato altre misure utili come, ad esempio, “un maggior numero di test, operatori sanitari più protetti e un più rapido ed efficace  tracciamento dei contatti”. Una politica che ha dato risultati migliori.

Risorse per una guerra

Fra i punti deboli dell’attività italiana c’è anche quella della raccolta dei dati (prima troppo pochi e in seguito poco precisi). Quindi, concludono gli studiosi di Harvard, le misure vanno prese in tempi rapidi e in modo organico, senza essere graduali. Inoltre una politica efficace contro il coronavirus richiede “una mobilitazione simile alla guerra in termini di entità delle risorse umane ed economiche”.

larepubblica

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