Glass to Power, la startup del “vetro fotovoltaico” dalla Bicocca a Parigi

Fondata nel 2016 per ottimizzare una ricerca sui concentratori solari luminescenti: lastre in plexiglass con nanoparticelle

Dai laboratori dell’università alla quotazione nella borsa di Parigi: è l’impresa di Glass to Power, la società delle “vetrate fotovoltaiche” fondata nel 2016 per ottimizzare una ricerca sui concentratori solari luminescenti. Ovvero lastre trasparenti di plexiglass con nanoparticelle, il cuore di una tecnologia che converte la luce naturale in raggi infrarossi e infine in corrente elettrica. L’invenzione è dei professori Sergio Brovelli e Francesco Meinardi del Dipartimento di Scienza dei materiali dell’Università Bicocca, la culla di un prodotto posizionato in una vetrocamera per vendere facciate e finestre ad alto rendimento energetico, anche isolanti, allo scopo rendere gli edifici sempre più autonomi. Ora la sfida del mercato, compreso quello finanziario, dove lo scorso febbraio il titolo è stato quotato al prezzo iniziale di 48 euro per azione, con un capitale flottante di 25,38 milioni.

Startup iniziata col crowdfunding

Tanti i traguardi raggiunti in cinque anni di attività. Esperimenti, campagne di equity crowdfunding per incrementare il capitale (300 mila euro quello di avvio), l’apertura di una sede-laboratorio a Rovereto dove una dozzina di dipendenti produce nanoparticelle, quindi la messa a punto e la certificazione di un dispositivo che oggi genera una potenza di circa 20 watt per metro quadrato. “Non è molto, ma contiamo sull’effetto moltiplicatore delle grandi superfici vetrate, il nostro target: ospedali, grattacieli, supermercati, centri commerciali, uffici – spiega al Corriere della Sera Emilio Sassone Corsi, ceo di Glass to Power –. Se un metro quadro di vetro tradizionale si vende a 300/400 euro, quello fotovoltaico costa il doppio, ma l’investimento totale si finanzia in circa sei anni con i risparmi in bolletta”. Nessuna concorrenza ai noti pannelli solari installati sui tetti, casomai complementari, perché si tratta di finestre strutturali: vettori di energia pulita che sposano a monte l’estetica, il design, per essere previsti già su carta. Pensando in grande, anche secondo le direttive europee, tanti cantieri di “Crystal Palace” a consumi prossimi allo zero, a basse emissioni.

Business da 85 miliardi

Il settore di riferimento si chiama BiPV (Building integrated PhotoVoltaic), proprio perché i convertitori di luce non prescindono dall’integrazione architettonica, cioè non sono sovrapposti a parti già esistenti. Ne sono un elemento. Il business è in forte crescita e nel 2030 potrebbe valere 85 miliardi di dollari, sei volte in più rispetto alle stime del 2020. “L’approdo in Borsa ci consente di superare la fase di startup e di diffondere al meglio la nostra tecnologia” scrive Glass to Power, che vanta già una collaborazione con Ferrovie dello Stato nell’ambito del progetto “GreenHub”, lanciato alla stazione di Rapallo per realizzare un’area autosufficiente con vari servizi smart, dalla ricarica di smartphone e tablet alla purificazione dell’aria. Più recente è invece l’ordine arrivato da Lissone, in Brianza, dove la società di costruzioni Domutopia ha richiesto vetrate per un valore di un milione di euro. Saranno ambrate, un colore che impedisce l’abbagliamento degli inquilini.

Glass to Power è arrivata a Parigi mediante Crowdlisting, il percorso esclusivo della società Opstart che punta a “traghettare” ambiziose realtà nel mercato azionario. Alla base c’è sempre la raccolta online di capitali in cambio di quote. “Che ci ha permesso di arrivare a circa 800 soci. Chi ha investito nel crowdfunding vede concretizzarsi il nostro piano di sviluppo: oggi Glass to Power vale quasi 30 milioni di euro” conclude Sassone Corsi. Soddisfatto anche il ceo di Opstart, Giovanpaolo Arioldi, che per la terza volta ha accompagnato un’azienda verso un listino europeo: “Un motivo d’orgoglio, speriamo di avere aperto le porte della Borsa a molte Pmi italiane”.

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