Facoltà umanistiche a numero chiuso: a Milano gli studenti ricorrono al Tar

Un ricorso contro il numero chiuso nei corsi umanistici alla Statale di Milano. A promuoverlo è l’Unione degli universitari (Udu) insieme all’avvocato Michele Bonetti. Al centro della richiesta al tribunale amministrativo della Lombardia la decisione dell’ateneo meneghino di introdurre per l’anno accademico 2017/2018 il numero chiuso in cinque corsi di laurea del dipartimento di studi umanistici: Lettere, Storia, Filosofia, Geografia e Beni Culturali. “Un procedimento illegittimo che confligge con le leggi nazionali e i decreti ministeriali – dichiara Andrea Core del direttivo nazionale -. Soprattutto con la legge 264 del 1999 che riconduce il numero chiuso ad una serie di parametri non rilevabili nel contesto della Statale”.
Anche la procedura con cui il rettore Gianluca Vago e i vertici dell’università hanno introdotto il provvedimento è messa sotto accusa. Uno dei voti, 18 su 17, è stato raccolto tramite telefonata vista l’assenza di una senatrice accademica che si trovava in Brasile. “Un elemento che invalida l’esito finale”, afferma l’avvocato Bonetti. Tra i firmatari del ricorso c’è uno studente per ogni corso umanistico. Ma il campo da gioco è tutto politico: gli studenti infatti temono che tale precedente possa essere emulato da molte altre università. “Se passa il concetto che si possono chiudere i corsi di lettere, storia e filosofia sul presupposto del mancato rispetto numerico dei parametri ministeriali collegati ai finanziamenti – dichiara Bonetti – si rischierebbe l’estensione a macchia d’olio, considerando anche il continuo taglio di fondi”. Insomma, tale scelta andrebbe a giustificare i tagli all’istruzione in lesione del diritto allo studio sancito dalla Costituzione. Gli studenti hanno annunciato anche un altro ricorso, su un altro tema spinoso: quello delle tasse. “Nonostante la riforma della tassazione – afferma Carlo Dovico dell’Udu Milano – il rapporto tra la contribuzione studentesca e il Fondo di finanziamento ordinario che arriva dal governo è ancora troppo alto e fuori dai parametri di legge. Siamo al 38% quando non si dovrebbe superare il 20”. 

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