La classifica del Sole24Ore sulle migliori università italiane
Anche in Agosto le classifiche sugli atenei creano sempre un po’di malumori. Perché, anche sotto l’ombrellone, è difficile resistere alla tentazione di non darci una sbirciatina e vedere dove questa volta si è stati collocati. E quando lo studio viene fatto da un giornale noto come Il Sole 24 ore, (sulla base dei dati Miur, Almalaurea, Stella e Istat) ecco che iniziano i mal di pancia.
La prima notizia è che la classifica degli atenei statali mostra un’Italia spaccata in due: la parte bassa della classifica è occupata quasi interamente dagli atenei meridionali; ai vertici ci sono il Politecnico di Milano (856 punti) e Torino (842 punti), Modena e Reggio Emilia (765). Il Politecnico di Bari (567 punti) si piazza invece al 22simo posto, mentre l’Università di Bari al 42esimo (396 punti). Foggia si piazza al 53simo posto (333), mentre l’Università del Salento al 55simo, nonché terzultimo (314 punti).
La seconda notizia, invece, è che l’Università del Salento è stata bocciata. Una bocciatura che però non è andata giù all’ateneo, che ha definito la classifica del Sole24 Ore «una pubblicità ingannevole nei confronti degli studenti e contro le università del Sud tutte, più o meno, in coda». A dichiararlo in una nota è Vincenzo Zara, delegato del rettore alla didattica. «Cercano di far credere che siano state valutate le eccellenze, ma in realtà è soltanto l’analisi di contesti socio-economici che viene testata nella classifica che, alla fine, ci penalizza. Basti pensare al parametro dell’attrattività o dei fondi dagli enti esterni: sono due aspetti che ci penalizzano, ma legati essenzialmente alle caratteristiche del territorio», precisa il professore.
La storia non è nuova e i criteri scelti per stilare il ranking annuale degli atenei statali restano quasi sempre gli stessi: il tasso di dispersione, l’affollamento, il rendimento e i giusti tempi per l’ottenimento della laurea a garantire l’efficienza dell’organizzazione. I risultati occupazionali, infine, aiutano a capire le possibilità lavorative al termine del percorso formativo. Quanto questo, però, dipenda anche dal contesto socio-economico non è difficile capirlo.