Più brave dei colleghi maschi sia sui banchi di scuola che all’università. Ma ancora penalizzate nella ricerca di un sbocco professionale e pagate meno degli uomini. Anche se hanno una laurea in Ingegneria, Medicina o Economia, tra le più spendibili sul mercato.
In Italia il gap di genere è ancora lungi dall’essere risolto. Statistiche impietose rivelano come le pari opportunità tra uomini e donne sia ancora di là da essere cosa concreta. E a confermarlo ci pensa un’indagine realizzata da Almalaurea, in occasione della festa dell’8 marzo, conferma: il gender gap resiste, se poi ci sono figli di mezzo si accentua sensibilmente, a riprova del fatto che la maternità è ancora un ostacolo all’affermazione professionale.
Tra i laureati magistrali biennali a cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione è pari al 91% per gli uomini, scende all’84,6 per le donne. Per non parlare dei contratti stabili, quelli a tempo indeterminato: riescono ad ottenerli il 60,3% dei maschi, il 50,1% delle donne. Certo, le donne – come osserva il consorzio interuniversitario – tendono più facilmente a dirigersi sul pubblico impiego e sull’insegnamento, che hanno maggiore difficoltà a garantire una rapida stabilizzazione occupazionale, almeno nel breve periodo. Ma è anche vero che le differenze di genere si fanno sentire anche quando si parla di retribuzione.
Sempre tra i laureati magistrali biennali che lavorano a tempo pieno il differenziale tra maschi e femmine, a cinque anni dal conseguimento del titolo, è pari al 18,3% a favore dei primi. In pratica gli uomini guadagnano mediamente 1.675 euro netti mensili, le donne 1.416 euro. E dire che – come emerge dalla ricerca – queste ultime vantano migliori performance all’università, con un voto medio di laurea uguale a 103,5 su 110, contro il 101,6 dei coetanei maschi. Anche quando scelgono percorsi formativi maggiormente in linea con le richieste del mercato, le differenze restano.
Tra gli ingegneri il tasso di occupazione è pari al 92,1% per le donne, mentre gli uomini sono più favoriti (95,4%). Stessa cosa per chi opta per studi economici e statistici, anzi il gap aumenta: le donne che hanno un lavoro sono l’89,9%, gli uomini sono il 94,1%. La forbice si allarga sensibilmente quando ci sono figli. Il differenziale nel tasso di occupazione in questo caso sale fino a superare i 24 punti percentuali.
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