I neo-iscritti al primo anno raggiungono quota 307 mila, il numero più alto da dodici anni. Ma adesso si teme la gelata di ottobre. Il ministro Manfredi: “Siamo tornati ai livelli precedenti la crisi del 2008, ora dobbiamo allargare la no tax area”
Per il quinto anno di seguito, le matricole che si sono iscritte all’università italiana sono cresciute. Nell’Anno accademico 2019-2020 le nuove immatricolazioni nei sessantun atenei pubblici e nei trentun privati sono arrivate a quota 307.553. Sono settemila e trecento in più dell’anno scorso, il 2,43 per cento in aliquota. E’ una crescita di 55 mila rispetto al 2015, quando si toccò il pavimento della lunga crisi economica 2008-2014 che aveva tolto ricchezza alle famiglie italiane e, quindi, iscrizioni alle università del Paese. Con questo traguardo l’accademia segna il miglior risultato degli ultimi dodici anni riportando i numeri accademici ai livelli pre-crisi (2008, appunto).
E’ molto attuale il report ministeriale, e in fase con il Covid diffuso: fotografa l’ultima risalita prima della probabile grande gelata alle iscrizioni che si potrebbe avvertire dal prossimo ottobre. I rettori si stanno preparando. Le dinamiche della recente università italiana sono una grande fatica di Sisifo: anni di impegno, nella gran parte dei casi, a migliorare e promuovere un ateneo in un Paese che non è ancora riuscito a mettere istruzione e alta formazione al centro delle sue politiche, richiami in cattedra di premi Nobel, apertura di sedi all’estero, poi arriva l’ira di Giove e fa rotolare il macigno – per tutti – di nuovo a valle.
Scorrendo la classifica delle immatricolazioni 2019-2020, si osserva uno stato di salute del sistema raggiunto, dopo una stagione di tagli e riorganizzazione. Quarantacinque atenei, ecco, hanno fatto crescere la loro popolazione studentesca, quattro in più dell’anno scorso. Solo sedici scendono per capacità attrattiva.
Bergamo fa l’exploit e apre il test per tutti
La Lombardia, con le sue otto università pubbliche, i politecnici, gli ospedali privati collegati a una larga area di formazione medica d’eccellenza, ha guidato la crescita quinquennale. In particolare, con gli atenei di Bergamo e Brescia, e la stessa Statale di Milano, tre province messe in ginocchio dal virus e dal suo portato sociale ed economico. L’Università di Bergamo ha visto aumentare di un quarto le sue matricole: più 26 per cento. La crescita si aggiuge all’otto per cento della precedente stagione. Nel corso di quest’anno accademico il suo rettore, Remo Morzenti Pellegrini, ha deliberato che tutti i corsi di laurea da ottobre 2020 diventeranno ad accesso programmato locale (ad eccezione di Scienze della Formazione primaria, che resterà ad accesso programmato nazionale): per immatricolarsi, significa, tutti devono superare un test di ammissione. Sarà la prima volta nel Paese.
La Statale di Milano con 12.652 neo-iscritti è cresciuta del 17,88 per cento, dopo la flessione del 2018-2019. Una ragione dell’aumento sta nella forte richiesta per l’iscrizione a Mediazione linguistica e culturale dopo che il Tribunale amministrativo ha eliminato l’accesso programmato. L’Università di Brescia cresce di oltre il 15 per cento. In Lombardia sono in territorio negativo Pavia (-10,18 per cento), il Politecnico di Milano (-1,41) e la Bicocca (-1,15).
Diverse realtà metropolitane vedono crescere il proprio ateneo storico, anche al Sud. L’Università di Palermo ha un aumento di immatricolazioni vicino al 14 per cento. A Napoli l’incremento più significativo è della Parthenope, già Regio istituto superiore navale. Crescono in modo sensibile, al Sud, Cagliari e Messina. E ancora, in ordine, l’Università di Modena e Reggio, poi Firenze, Padova, Trento e Torino, Parma, Ferrara. Ogni accademia ha motivi propri e locali, ma in generale la spinta all’iscrizione dei neodiplomati negli ultimi cinque anni è stata forte e regolare sia nelle grandi città che in provincia (salgono i numeri, infatti,a Insubria, Piemonte orientale, Tuscia, Urbino, Salento) che in tutte le quattro macroaree.
La rinascita dell’Aquila
Da segnalare la bella ripresa di un ateneo che dopo il terremoto del 2009 ha rischiato la sopravvivenza: l’Università dell’Aquila aprirà le lezioni a ottobre, siano dal vivo, siano online, ad altri 2.033 studenti, quasi il 9 per cento in più.
Terremoti più recenti – 2016 – hanno lasciato cicatrici non ancora cauterizzate. Macerata perde il tre per cento, Camerino addirittura il 15. I dati del ministero dell’Università e della Ricerca segnalano una flessione importante per Ca’ Foscari di Venezia, ateneo in crescita nelle ultime stagioni e con un’offerta formativa di primo livello. Al meno 7,5 per cento della tabella ministeriale, l’università contrappone un meno 2,53 per cento dovuto alla perdita di 440 immatricolati ai corsi triennali a fronte della crescita di 252 unità ai magistrali. In generale, l’ateneo si dice soddisfatto anche quest’anno per l’andamento degli iscritti.
Vanno male le “università per stranieri” in Italia. Crolla Unistrapg di Perugia, da anni sotto standard.
Il ministro Gaetano Manfredi così commenta: “In questo rapporto c’è un dato forte, abbiamo recuperato i livelli che precedevano la lunga crisi del 2008. Ora dobbiamo guardare avanti e riuscire a contenere gli effetti negativi dell’arresto dell’economia italiana e della caduta di occupazione delle famiglie. Le università italiane non possono permettersi di togliere di colpo le rette, da sole pesano per un miliardo e quattrocento milioni di euro, un quarto dei singoli bilanci. Di certo, dovremo allargare la no tax area e alzaare i livelli dell’Isee da dichiarare in modo che possano accedervi più studenti”.