Università di Torino, scoperto un nuovo gene responsabile dell’autismo

Il coordinatore della ricerca Prof. Alfredo Brusco a Corriereuniv.it: “Grazie alla collaborazione internazionale risparmiati anni”

Si chiama CAPRIN1 ed è un gene responsabile di una rara forma di autismo. La scoperta è stata fatta grazie ad una ricerca internazionale, coordinata dal Prof. Alfredo Brusco, docente di Genetica medica del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino e della Genetica medica universitara della Città della Salute di Torino, in collaborazione con l’Università di Colonia. Lo studio, che rientra nel processo di ricerca NeuroWES di UniTo, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Brain, è basato sulle nuove tecnologie di sequenziamento del DNA e sullo sviluppo di modelli in vitro di cellule neuronali.

“Quando si parla di geni è bene tenere presente che ce ne sono molti, ma alcuni ottengono determinate carattestiche quando mutano, CAPRIN1 fa parte di questi – spiega a Corriereuniv.it il Prof. Brusco -. Questi geni da soli possono essere i responsabili di specifiche alterazioni dei meccanismi neuronali che provocano dal punti di vista clinico una forma di disturbo dello spettro autistico”.

“Siamo di fronte a una novità che, ci auguriamo, nel tempo potrà portare a ulteriori sviluppi e conoscenze – così in una nota Augusta Montaruli, sottosegretario all’Università e alla Ricerca. “Questo risultato è stato reso possibile grazie al lavoro realizzato dal Progetto NeuroWes, dell’Università di Torino: uno studio internazionale, coordinato da Alfredo Brusco, docente dell’UniTo e della Città della Salute di Torino. A lui e a tutta l’equipe di medici e ricercatori che in questi anni hanno lavorato al conseguimento questo importante risultato vanno le mie congratulazioni e un sincero ringraziamento”

Che cos’è l’autismo

L’autismo è un frequente disturbo del neurosviluppo che esordisce nei primi anni di vita e colpisce l’1% della popolazione nelle sue varie forme di presentazione, ed è caratterizzato da compromissione dell’interazione sociale, alterazione della comunicazione e interessi limitati, stereotipati e ripetitivi che impediscono di interagire adeguatamente con le persone e l’ambiente. Il disturbo si manifesta con una vasta gamma di presentazioni cliniche e diversi livelli di gravità, tanto da essere definito come spettro autistico, definizione recentemente introdotta nella pratica clinica e indubbiamente più appropriata.

Questa evoluzione concettuale sottolinea che la presentazione dei disturbi dello spettro autistico è estremamente eterogenea e correlata a numerosi specifici sottogruppi clinici con specifiche basi biologiche. “Negli ultimi anni, grazie ai progressi tecnologici che permettono di studiare su larga scala il genoma umano, è stata dimostrata la base genetica di molte condizioni caratterizzate da manifestazioni che rientrano nei disturbi dello spettro autistico”, conferma il professore.

La ricerca: Progetto NeuroWES

Il gruppo di ricerca del Progetto NeuroWES, a cui collabora anche il Prof. Giovanni Battista Ferrero con il Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche di UniTo, si è dedicato dal 2015 allo studio della genetica dei disturbi dello spettro autistico, grazie alla collaborazione con molti gruppi italiani e dell’Autism Sequencing Consortium (ASC) alla Icahn School of Medicine, Mount Sinai di New York. L’analisi di centinaia di pazienti ha permesso di individuare un caso piemontese in cui era persa un’ampia regione di un cromosoma che comprendeva il gene CAPRIN1. Questa iniziale osservazione ha permesso di ipotizzare il ruolo di CAPRIN 1 nella patogenesi dell’autismo e la successiva identificazione di 12 pazienti con una mutazione nel gene ne ha dimostrato il ruolo patogenico. I pazienti mostrano ritardo del linguaggio, disabilità intellettiva, deficit di attenzione ed iperattività, disturbo dello spettro autistico.

La collaborazione internazionale della ricerca ci ha fatto risparmiare anni di lavoro – sottolinea il prof. Brusco -. I nostri pazienti sono arrivati da tutto il mondo, collaborare con altre realtà e istituti è stato importantissimo. Ed è grazie a ciò che una mia studentessa è potuta andare a studiare, presso l’Istituto di Genetica Umana di Colonia, i meccanismi patologici correlati a queste mutazioni”. Per quasi un anno il laboratorio della Prof.ssa Brunhilde Wirth ha ospitato la dott.ssa Lisa Pavinato, dottoranda presso il Dipartimento di Scienze Mediche, ha approfondito i meccanismi patologici correlati a queste mutazioni. “Abbiamo utilizzato la tecnologia CRISPR/Cas9 per modificare cellule pluripotenti umane in coltura in modo da spegnere una delle due copie del gene, mimando così la situazione dei pazienti”, spiega la dott.ssa Pavinato. “La parte più complessa dello studio è stata derivare dei neuroni da queste cellule, e studiarne la funzione in laboratorio”. “Un altro importante aspetto è stato quello di poter dimostrare come il gene regoli la sintesi di molte proteine nei neuroni, regolando, a loro volta, l’espressione di molti geni nel cervello – afferma il Prof. Brusco -. Quando si scopre un gene si deve passare del tempo a studiarlo, capirne i meccanismi di interazione”.

Futuro della ricerca

I dati ora pubblicati sono soltanto l’inizio: in collaborazione con genetisti clinici, pediatri, neuropsichiatri infantili è stata raccolta un’ampia casistica sottoposta alle indagini genomiche ed è in corso la progressiva valutazione dei risultati delle analisi dei casi piemontesi, rivalutando le famiglie alla luce dei dati genetici, grazie ad Ambulatori dedicati a questo progetto istituiti presso la SC Genetica Medica della Città della Salute e della Scienza di Torino, diretta dalla Prof.ssa Barbara Pasini, l’Ospedale Infantile Regina Margherita, sotto la responsabilità del Prof. Alessandro Mussa, presso l’Azienda ospedaliera-universitaria San Luigi Gonzaga, sotto la responsabilità del Prof. Giovanni Battista Ferrero. L’università ha rilasciato una nota dove sottolinea come per il 30% dei casi analizzati si è potuto avere una diagnosi specifica.

“In futuro potremo identificare nuovi geni, classificare i pazienti in base ai maccanismi biologici coinvolti nelle specifiche forme clincihe. Ma – evidenzia il Prof. Brusco – ci vorranno anni per poter trasformare tutto ciò in terapie”. L’identificazione di nuovi geni associati a forme di disturbo dello spettro autistico è in rapida evoluzione e si prevede siano oltre 1000 quelli implicati nella patogenesi di questa condizione. Infatti, buona parte dei disturbi del neurosviluppo associati ad autismo sono probabilmente associati a diverse varianti in geni coinvolti nello sviluppo del sistema nervoso centrale in grado di esitare in franca patologia solo quando sinergicamente presenti. Identificare nuovi geni significa quindi non solo comprendere meglio la neurobiologia di queste malattie e porre le basi per i futuri approcci terapeutici.

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