“Non spiccica ‘na parola, è un A1 pieno proprio, ma passerà perché con dieci milioni a stagione di stipendio non glieli puoi far saltare perché non ha il B1”, sono le parole intercettate della prof.ssa Stefania Spina, tutor all’Università per Stranieri di Perugia del calciatore Luis Suárez, al centro del caso che ha coinvolto mondo dello sport, istituzioni, cittadinanza e sistema accademico italiano. Ieri il ministro Gaetano Manfredi ha annunciato un tavolo tecnico “volto al riordino della regolamentazione nazionale in merito alle certificazioni della lingua italiana come seconda lingua”.
Presieduto dalla professoressa Monica Barni, ordinaria di Didattica delle lingue moderne all’Università per stranieri di Siena. E così composto: professor Federico Cinquepalmi del ministero dell’Università e della Ricerca, l’ambasciatore Dario Armini del ministero degli Affari esteri, il prefetto Michele Di Bari del ministero dell’Interno, la professoressa Laura Pazienti del ministero dell’Istruzione, Alessandro Masi della Società Dante Alighieri e la professoressa Tiziana Lippiello della Conferenza dei rettori delle università Italiane.
Il tavolo di esperti sarà incaricato di elaborare proposte operative da sottoporre al ministro Manfredi, “sia rispetto alle funzioni relative alle certificazioni, sia ai criteri e al monitoraggio della loro qualità”. Per i componenti non è previsto alcun compenso, solo il rimborso delle spese di missione, “effettivamente sostenute e adeguatamente documentate”.
Manfredi sa che i riflettori non si spegneranno tanto presto e vuole dimostrare che il Governo non permetterà altre vicende simili: “Stiamo seguendo con attenzione l’evoluzione dell’attività della magistratura. Alla fine degli accertamenti prenderemo i dovuti provvedimenti con la massima determinazione, sempre nel rispetto dell’autonomia degli atenei. Abbiamo, però, tempestivamente avviato una commissione per analizzare tutte le procedure per l’accertamento delle competenze di Italiano negli atenei interessati in modo da avviare un processo di riforma che garantisca massima trasparenza e tutela per coloro che sostengono questo esame”.
“Il caso Suarez è preoccupante sotto diversi aspetti – scrivono Vincenzo Sgalla e Domenico Maida, segretari generali di Cgil e Flc Cgil Umbria -. Sarà la magistratura, naturalmente a ricostruire fatti ed eventuali reati, ma in ogni caso l’Università per Stranieri di Perugia, uno dei simboli dell’apertura internazionale della città, ‘ambasciatrice’ della lingua e della cultura italiana nel mondo, rischia seriamente di cedere sotto questo ennesimo colpo. Sarebbe opportuno, per questo, attendersi dai vertici dell’ateneo un gesto di grande chiarezza, per il bene e nell’interesse dell’istituzione, di chi ci lavora e della città tutta”. E ancora: “Da tempo l’Università per Stranieri vive una crisi profonda – continuano i rappresentanti sindacali – in termini prima di tutto di nuove iscrizioni, ridotte ai minimi storici. E poi ci sono le ormai annose e ricorrenti inchieste della magistratura che gettano pesanti ombre sull’operato dell’amministrazione universitaria”.“
“Dare l’impressione che i potenti e i ricchi possano ottenere diplomi e riconoscimenti senza sforzo alcuno, mentre gli studenti comuni devono studiare duramente per conseguire gli stessi risultati, è un pessimo modo per rilanciare un’immagine già sbiadita di quella che è stata la più importante istituzione culturale per stranieri nel nostro Paese. Di fronte al silenzio imbarazzante delle istituzioni locali, Comune e Regione in primis – concludono Sgalla e Maida – la Cgil, nell’interesse prima di tutto delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Università per Stranieri, chiede con forza segnali di discontinuità e rinnovamento. Ne va del futuro di una istituzione fondamentale per l’Umbria”.
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