Il professor Aldo Schiavone tra il 2006 e il 2009 con la carta di credito dell’Istituto universitario di Scienze Umane avrebbe speso oltre 500mila per viaggi in aereo, cene e soggiorni in albergo
Ci sarà un appello bis davanti al giudice civile per gli oltre 500mila euro spesi tra il 2006 e il 2009 dal professor Aldo Schiavone con la carta di credito dell’Istituto universitario di Scienze Umane di Firenze, di cui è stato il direttore, per viaggi in aereo, cene, soggiorni in albergo che non sarebbero «compatibili» con le finalità istituzionali.
Il nuovo procedimento è stato disposto dalla Cassazione che ha accolto il ricorso dell’ Università degli Studi di Firenze rappresentata dal rettore Luigi Dei che ha portato avanti la battaglia contro le ‘spese pazze’.
In appello infatti Schiavone era stato assolto dall’accusa di peculato dalla Corte di Firenze il 13 dicembre 2018, mentre in primo grado era stato condannato a due anni e quattro mesi insieme all’ex direttrice amministrativa del Sum Daisy Sturman. Per lei, invece, la Corte d’appello aveva confermato due anni e due mesi. Decisiva, nel ricorso dell’ateneo fiorentino, la testimonianza del professor Massimo Cacciari che ha escluso di aver avuto incontri a Venezia con Schiavone, per cui non si giustificano le spese per i soggiorni in laguna dell’ex direttore del Sum, originario di Pomigliano d’Arco (Napoli), e del suo ‘seguito’.
Cacciari ha anche fatto presente di aver avuto due soli incontri con Schiavone a Firenze e «di aver partecipato a una sola cena e di aver pagato la propria quota, con ciò comprovando la falsità delle giustificazioni concernenti il ‘coordinamento della ricercà con la presenza del professor Cacciari a Venezia relative alle spese per soggiorni in hotel di lusso, per pranzi e cene in ristoranti con numerosi commensali tra cui il Cacciari». Ad avviso della Cassazione, i magistrati d’appello «non si sono confrontati con le specifiche evidenze probatorie acquisite, puntualmente indicate dalla parte civile (l’Università di Firenze) e da queste stimate, non irragionevolmente, suscettibili di portare alla conferma del giudizio di colpevolezza già espresso in primo grado».
Gli ‘ermellini’ sottolineano inoltre «la non riconducibilità allo svolgimento di attività istituzionale nè alle cosiddette spese di rappresentanza degli esborsi relativi al pagamento di pasti, soggiorni alberghieri e viaggi aerei anche intercontinentali, a favore della moglie, di amiche e delle figlie di queste e dunque di persone esterne a qualunque relazione istituzionale». Per la Cassazione, il verdetto d’appello ha sbagliato ad addossare solo alla Sturman «la penale responsabilità per le ‘irregolarità’ registrate nella documentazione giustificativa con riguardo alla indicazione di commensali inesistenti o a falsi compagni di viaggio». Ma non ci sarà la riapertura del processo penale perchè i supremi giudici hanno respinto il ricorso del Pg di Firenze, che era l’unica strada per tornare al verdetto di primo grado. Ora gli aspetti risarcitori saranno valutati dalla Corte d’appello civile del capoluogo toscano e almeno su questo fronte l’Università di Firenze potrà far valere i suoi diritti di parte lesa. Il danno all’immagine subito era stato stimato in 200mila euro dalla Corte dei conti.