Pavia, l'appello dei rettori: "L'Università è al collasso"

Contro la valutazione, contro il Diritto allo Studio non garantito, contro il crollo degli investimenti sulla ricerca. L’Università di Pavia lancia un appello al mondo accademico, e si fa portavoce di una protesta che raggiunge livelli nazionali. Nella giornata di ieri, infatti, è stato approvato all’unanimità un documento da Senato accademico e CDA firmato da tutti i direttori di dipartimento, che denunciano il “collasso” dell’Ateneo lombardo.
A Pavia12 dipartimenti hanno votato il blocco della Vqr, metodo di protesta utilizzato per non pesare sugli studenti con scioperi o blocchi delle lauree. I direttori hanno approvato un appello, il Rettore ha perorato in Conferenza dei rettori (Crui) la proroga della procedura di valutazione, il Senato accademico si è espresso con una mozione. E la mobilitazione prosegue: la Crui ha convocato un’assemblea straordinaria sulla gestione dell’emergenza Vqr e giovedì alle 16.30 a Fisica a Pavia ci sarà l’assemblea d’ateneo indetta dalla rete 29 aprile, il Comitato nazionale dei ricercatori universitari e il Coordinamento dei ricercatori universitari di Pavia. La protesta si inserisce nella mobilitazione nazionale in cui proprio l’Ateneo di Pavia è capofila, contro il meccanismo di valutazione imposto dal Governo (la cosiddetta Vqr 2011-2014) giudicato disastroso per il sistema universitario. La valutazione è finalizzata a redistribuire parte delle risorse che gli atenei utilizzano per funzionare (stipendi, riscaldamento, manutenzione, materiali) alla ricerca.
Nell’appello dei direttori si denuncia «la precaria sostenibilità del sistema universitario in Italia». «In dieci anni – spiegano – si è verificata una riduzione del 20% delle immatricolazioni (meno 60mila), del numero di docenti (meno 15mila) e dei finanziamenti (oltre un miliardo di euro in meno); per 4 anni abbiamo subito le conseguenze dell’assenza totale di finanziamenti per la ricerca di base, che dovrebbero essere erogati con continuità, in misura adeguata e con regole certe.
Vengono attuate politiche sempre più burocratiche di valutazione della didattica e della ricerca, pur indispensabili per un’Università efficiente, senza risorse sufficienti sia per l’una sia per l’altra, e facendo sì che la parte premiale dei finanziamenti, che dovrebbe incidere sulla qualità della ricerca, vada in realtà a coprire i fondi di puro funzionamento».
«Nulla o ben poco è stato fatto – scrivono i direttori – I provvedimenti proposti dal Governo sono stati concepiti all’insaputa di tutto il mondo accademico, con un ulteriore cambiamento di regole e la caratteristica di una tantum, condizioni che renderanno difficile programmare la formazione e l’ingresso di personale di qualità nelle nostre università. Questi provvedimenti, pertanto, rischiano di risolversi in un ennesimo spreco di denaro pubblico». Perché 1500 ricercatori una tantum non bastano se se ne sono persi 5mila.
I docenti chiedono che siano ripristinati all’università i finanziamenti per coprire i costi di gestione, così che la «quota premiale» possa effettivamente essere utilizzata «per migliorare la qualità della didattica e della ricerca». E chiedono di assicurare «i livelli di garanzia del diritto allo studio coerenti con l’articolo 34 della Costituzione».

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