La condizione occupazionale dei Laureati, Almalaurea presenta il rapporto 2020

Il Rapporto sul Profilo dei Laureati si basa su una rilevazione che coinvolge oltre 290mila laureati del 2019 di 75 Atenei e restituisce un’approfondita fotografia delle loro principali caratteristiche.

Il Rapporto sulla Condizione occupazionale dei Laureati si basa su un’indagine che riguarda 650mila laureati di 76 Atenei e analizza i risultati raggiunti nei mercati del lavoro dai laureati nel 2018, 2016 e 2014, intervistati rispettivamente ad 1, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo. 

IMMATRICOLATI: DATI DI CONTESTO

Dopo il calo vistoso perdurato fino all’anno accademico 2013/14, dall’anno accademico 2014/15 si è osservata una ripresa delle immatricolazioni, confermata anche negli anni successivi, che sono arrivate nel 2018/19 a +11,2% rispetto al 2013/14 (fonte MUR). Nonostante ciò, dal 2003/04 al 2018/19 le università hanno perso oltre 37 mila matricole, registrando una contrazione del 11,2%. Il calo delle immatricolazioni risulta più accentuato nelle aree meridionali (-23,6%), tra i diplomati tecnici e professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favoriti, con evidenti rischi di polarizzazione.

L’andamento delle immatricolazioni per area disciplinare MUR mostra risultati interessanti: rispetto all’a.a. 2003/04 il trend è in calo per tutte le aree disciplinari fatta eccezione per l’area scientifica, in cui si rileva un aumento del 15,4%. 

IL PROFILO DEI LAUREATI – RAPPORTO 2020

I laureati nel 2019 coinvolti nel Rapporto 2020 sul Profilo dei Laureati sono oltre 290 mila. Si tratta di 166 mila laureati di primo livello (57,3%), 87 mila magistrali biennali (29,7%) e 36 mila magistrali a ciclo unico (12,5%); i restanti sono laureati pre-riforma (compresi quelli di Scienze della Formazione primaria). 

MOBILITÀ PER MOTIVI DI STUDIO. I LAUREATI MAGISTRALI BIENNALI PIÙ PROPENSI A SPOSTARSI, IL FLUSSO È VERSO IL NORD. IL SUD PERDE UN QUARTO DEI DIPLOMATI

Nel 2019 quasi la metà del complesso dei laureati (45,6%) ha conseguito il titolo nella stessa provincia in cui ha ottenuto il diploma di scuola secondaria di secondo grado. Il 25,7% dei laureati ha sperimentato una mobilità limitata, conseguendo il titolo in una provincia limitrofa a quella di conseguimento del diploma. Il 12,9% ha sperimentato una mobilità di medio raggio, laureandosi in una provincia non limitrofa, ma rimanendo all’interno della stessa ripartizione geografica (Nord-Centro-Sud), mentre un altro 13,5% ha conseguito il titolo di laurea in una ripartizione geografica differente da quella in cui ha conseguito il diploma. Infine, il 2,4% ha completato il percorso universitario in un ateneo italiano, ma è in possesso di un diploma conseguito all’estero.

I laureati magistrali biennali sono i più propensi alla mobilità geografica per motivi di studio: il 37,7% ha conseguito il titolo in una provincia diversa e non limitrofa a quella di conseguimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado (contro il 24,7% dei laureati di primo livello e il 26,7% di quelli a ciclo unico). 

Concentrandosi sul confronto diretto tra ripartizione geografica di conseguimento del diploma e ripartizione geografica della laurea si evidenzia che le migrazioni per ragioni di studio sono quasi sempre dal Mezzogiorno al Centro-Nord. La quasi totalità dei laureati che hanno ottenuto il titolo di scuola secondaria di secondo grado al Nord ha scelto un ateneo della medesima ripartizione geografica (97,0%). I laureati del Centro rimangono nella medesima ripartizione geografica nell’87,4% dei casi; del restante 12,6% la maggioranza (ossia il 9,9%) ha optato per atenei del Nord. È per i giovani del Sud e delle Isole che il fenomeno migratorio assume, invece, proporzioni considerevoli: il 26,5% decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord, ripartendosi equamente tra le due destinazioni. Un altro aspetto interessante riguarda i laureati provenienti dall’estero: oltre il 90% sceglie un ateneo del Centro-Nord.

Posto a cento il numero di laureati che hanno conseguito il diploma in ciascuna delle tre ripartizioni, il saldo migratorio – calcolato confrontando la ripartizione geografica di conseguimento del diploma e della laurea – è pari a +21,9% al Nord, a +19,8% al Centro e a -24,3% al Sud. Pertanto, per motivi di studio, il Sud perde, al netto dei pochissimi laureati del Centro-Nord che scelgono un ateneo meridionale, quasi un quarto dei diplomati del proprio territorio.

Laureati 2019: ripartizione geografica dell’ateneo per ripartizione geografica di conseguimento del diploma

ripartizione geografica
di conseguimento del diploma
ripartizione geografica dell’ateneo
Nord Centro Sud e Isole
Nord 97,0 2,6 0,4
Centro 9,9 87,4 2,7
Sud e Isole 14,4 12,1 73,5
Estero 62,1 28,5 9,4
TOTALE 45,4 24,2 30,4

Ponendo a confronto il contesto familiare di provenienza, si evidenzia un aumento al Nord della quota di laureati con famiglie con un solido background socio-economico e culturale (classe sociale elevata e almeno un genitore laureato), rispetto alla relativa distribuzione per diploma di scuola secondaria di secondo grado, e uno speculare calo nella ripartizione meridionale: in sostanza, nel passaggio tra il diploma e la laurea il Nord “guadagna”, a scapito del Sud, capitale umano con un retroterra culturale ed economico più favorito.

I LAUREATI STRANIERI SONO IL 3,7%. CRESCE LA QUOTA DI LAUREATI STRANIERI FIGLI DI IMMIGRATI RESIDENTI IN ITALIA

La quota di laureati di cittadinanza estera è del 3,7% (corrispondente a 10.743 laureati negli Atenei AlmaLaurea nel 2019; sono esclusi i laureati della Repubblica di San Marino. La quota di laureati di cittadinanza estera risulta in crescita: secondo i dati AlmaLaurea era pari al 2,7% nel 2009. 

Si tratta in misura crescente di giovani che provengono da famiglie immigrate e residenti in Italia: ben il 42,0% dei laureati di cittadinanza non italiana ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado nel nostro Paese: tale quota era il 28,2% nel 2011. 

Invece, la quota di cittadini stranieri in possesso di un diploma all’estero è il 2,1% dell’intera popolazione indagata, percentuale pressoché stabile negli ultimi anni. Il valore sale al 4,3% tra i magistrali biennali e si attesta all’1,5% tra i magistrali a ciclo unico e all’1,2% tra quelli di primo livello.

Per quanto riguarda la provenienza, mentre nel complesso dei cittadini stranieri, compresi i diplomati in Italia, oltre la metà proviene dall’Europa (in particolare da Romania e Albania, rispettivamente l’11,4 e il 10,8%), nel gruppo di laureati stranieri che hanno conseguito il diploma all’estero scende la quota di chi proviene dall’Europa (36,6%) e lo Stato più rappresentato è, con il 13,0%, la Cina. I laureati stranieri che hanno conseguito il diploma all’estero si indirizzano verso specifici ambiti disciplinari, quali architettura (4,0%) e ingegneria (3,2%); all’opposto, in tre gruppi disciplinari (insegnamento, giuridico e educazione fisica) i laureati esteri con diploma conseguito all’estero sono meno dell’1,0%. 

Laureati 2019: cittadinanza estera con diploma all’estero per tipo di corso
(valori percentuali)

ISCRIZIONE ALL’UNIVERSITÀ: LA FAMIGLIA E LA FORMAZIONE DEI GENITORI INFLUENZANO LE SCELTE DEI GIOVANI

Il contesto familiare ha un forte impatto sulle opportunità di completare il percorso di istruzione universitaria: fra i laureati, infatti, si rileva una sovra-rappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale. 

I laureati AlmaLaurea 2019 provengono per il 31,8% e il 22,5% da famiglie della classe media, rispettivamente impiegatizia e autonoma, per il 22,4% da famiglie di più elevata estrazione sociale (ove i genitori sono imprenditori, liberi professionisti e dirigenti) e per il 21,8% da famiglie in cui i genitori svolgono professioni esecutive (operai ed impiegati esecutivi). La percentuale dei laureati di più elevata estrazione sociale sale al 32,7% fra i laureati magistrali a ciclo unico, percorso di studio che, com’è noto, comporta una previsione di investimento di durata maggiore rispetto alle lauree di primo livello. I laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono il 30,4% (nel 2009 erano il 26,1%)

Il contesto culturale e sociale della famiglia influisce anche sulla scelta del corso di laurea: i laureati provenienti da famiglie con livelli di istruzione più elevati hanno scelto più frequentemente corsi di laurea magistrale a ciclo unico (il 43,4% ha almeno un genitore laureato) rispetto ai laureati che hanno optato per un percorso “3+2” (27,2% per i laureati di primo livello e 31,2% per i magistrali biennali). 

Laureati 2019: almeno un genitore laureato per tipo di corso

(valori percentuali)

BACKGROUND FORMATIVO DEI LAUREATI: PREVALGONO I DIPLOMI LICEALI

Per quanto riguarda il background formativo dei laureati del 2019, si registra una prevalenza dei diplomi liceali (76,5%) e in particolare del diploma scientifico (42,7%) e classico (15,3%); segue con il 18,9% il diploma tecnico, mentre risulta residuale l’incidenza dei diplomi professionali (2,1%). La quota di laureati con un diploma liceale negli ultimi dieci anni è aumentata considerevolmente, passando dal 67,9% del 2009 al 76,5% del 2019 (+8,6 punti), in particolare a scapito dei laureati con diploma tecnico, che scendono dal 26,8% al 18,9%.

In termini di composizione per tipo di diploma si osservano differenze contenute tra i laureati di primo livello e quelli magistrali biennali (i diplomati liceali sono rispettivamente il 73,8% e il 76,2%), mentre i laureati a ciclo unico si caratterizzano per una forte incidenza dei titoli liceali: il 90,1% ha infatti una formazione liceale, in particolare scientifica (49,4%) e classica (28,7%).

Laureati 2019: possesso di un diploma liceale (classico, scientifico, linguistico, delle scienze umane, artistico e musicale e coreutico) per tipo di corso(valori percentuali)

LA RIUSCITA NEGLI STUDI UNIVERSITARI: MIGLIORANO ETÀ ALLA LAUREA E REGOLARITÀ, STABILE IL VOTO DI LAUREA. CHI SI LAUREA AL SUD E NELLE ISOLE IMPIEGA PIU’ TEMPO

L’età media alla laurea per il complesso dei laureati del 2019 è pari a 25,8 anni:24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. Un dato che tiene conto anche del ritardo nell’iscrizione al percorso universitario (si tratta del ritardo rispetto alle età “canoniche” dei 19 anni, per la laurea di primo livello e per quella a ciclo unico, e di 22 anni, per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2019 in media è pari a 1,4 anni. 

L’età alla laurea è diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire negli ultimi anni: l’età media era infatti 27,1 anni nel 2009, di oltre anno più elevata rispetto alla situazione attuale. 

La regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato negli ultimi anni un marcato miglioramento. Se nel 2009 concludeva gli studi in corso il 39,2% dei laureati, nel 2019 la percentuale raggiunge il 55,7%, in particolare il 61,0% tra i magistrali biennali, il 56,1% tra i laureati di primo livello e il 43,5% tra i magistrali a ciclo unico. 

Peraltro, se dieci anni fa a terminare gli studi con quattro o più anni fuori corso erano 15,8 laureati su cento, oggi si sono quasi dimezzati (8,1%).

Si registrano differenze rilevanti con riferimento alla ripartizione geografica dell’ateneo: a parità di condizioni, rispetto a chi si laurea al Nord, chi ottiene il titolo al Centro impiega il 12,5% in più e chi si laurea al Sud o nelle Isole il 19,8% in più.

Laureati 2019: conclusione del percorso universitario in corso per tipo di corso
(valori percentuali)

Il voto medio di laurea è sostanzialmente immutato negli ultimi anni (103,1 su 110 nel 2019, stesso valore osservato nel 2009): 100,1 per i laureati di primo livello, 105,3 per i magistrali a ciclo unico e 107,9 per i magistrali biennali. Fra i laureati magistrali biennali la votazione finale è molto elevata, in particolare per un effetto di tipo incrementale rispetto alla performance ottenuta alla conclusione del percorso di primo livello (nel 2019 l’incremento medio del voto di laurea alla magistrale rispetto alla laurea di primo livello è di 7,7 punti su 110).

ESPERIENZE DI STUDIO ALL’ESTERO IN AUMENTO

L’11,2% dei laureati del 2019 ha svolto esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di studi (era l’8,5% nel 2009): più nel dettaglio, ciò è avvenuto per l’8,9% utilizzando programmi dell’Unione Europea (Erasmus in primo luogo) e per il 2,3% attraverso altre esperienze riconosciute dal corso di studi (Overseas, ecc.). 

I laureati di primo livello sono tendenzialmente meno coinvolti da tali tipi di esperienze (8,1%) rispetto ai laureati magistrali a ciclo unico (15,6%) e a quelli biennali (15,7%); a questi ultimi si aggiunge, tra l’altro, un’ulteriore quota di laureati che ha partecipato a programmi di studio all’estero solamente durante il percorso di primo livello e che porta così a una quota totale del 20,8% nell’arco del 3+2: valore che supera l’obiettivo fissato in sede europea per il 2020 pari al 20%. Tra i laureati che hanno maturato un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dal corso, l’81,3% ha sostenuto almeno un esame che è stato convalidato al rientro in Italia. Il 26,9% di chi ha svolto un periodo di studio all’estero vi ha anche preparato una parte rilevante della tesi (quota che sale al 45,5% fra i laureati magistrali biennali).

Laureati 2019: esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di studi per tipo di corso

(valori percentuali)

ESPERIENZE DI TIROCINIO CURRICOLARE O STAGE IN AUMENTO

Ha compiuto un’esperienza di tirocinio curriculare o stage riconosciuta dal corso di studi il 59,9% dei laureati (erano il 54,5% nel 2009). Nel dettaglio, ha svolto tirocini il 60,7% dei laureati di primo livello (il 40,8% sono stati svolti al di fuori dell’università), il 50,4% dei laureati magistrali a ciclo unico e il 63,1% dei laureati magistrali biennali; a questi ultimi si somma il 14,9% dei laureati che hanno fatto esperienze di tirocinio soltanto durante la laurea di primo livello, portando la quota complessiva di laureati magistrali biennali con esperienze di stage al 78,0%. 

Il 68,9% dei laureati che ha svolto queste esperienze esprime un’opinione decisamente positiva sui tirocini effettivamente organizzati dal corso di studi. 

Laureati 2019: attività di tirocinio curriculare svolta per tipo di corso
(valori percentuali)

TIROCINI CURRICULARI E ESPERIENZE DI STUDIO ALL’ESTERO AUMENTANO LE CHANCE DI TROVARE LAVORO 

Fare un’esperienza di tirocinio formativo e di orientamento o un’esperienza di studio all’estero con un programma europeo sono carte vincenti da giocare sul mercato del lavoro: a parità di condizioni, infatti, il tirocinio si associa a una probabilità maggiore del 9,5% di trovare un’occupazione a un anno dalla conclusione del corso di studio, mentre le esperienze di studio all’estero riconosciute dal proprio corso di studio aumentano le chance occupazionali del 12,9%.

LAVORO DURANTE GLI STUDI IN FLESSIONE

Negli ultimi dieci anni si è registrata una flessione della quota di laureati con esperienze di lavoro durante gli studi (dal 74,5% nel 2009 al 65,2% nel 2019), probabilmente per effetto sia della crisi economica sia del progressivo ridursi della quota di popolazione adulta iscritta all’università. Più nel dettaglio, 6,2 laureati su cento hanno conseguito la laurea lavorando stabilmente durante gli studi (lavoratori-studenti); altri 59,0 laureati su cento hanno avuto esperienze di lavoro occasionale (studenti-lavoratori).

Specularmente, l’incidenza di laureati che giungono al conseguimento del titolo privi di alcun tipo di esperienza lavorativa è aumentata negli ultimi dieci anni e nel 2019 raggiunge il 34,7% (+10,3 punti percentuali rispetto ai laureati del 2009).

SI CONFERMA ELEVATA LA SODDISFAZIONE PER L’ESPERIENZA UNIVERSITARIA CONCLUSA

Per analizzare la soddisfazione per l’esperienza universitaria appena conclusa è stata presa in considerazione l’opinione espressa dai laureati in merito ad alcuni aspetti. In generale il 90,1% dei laureati si dichiara complessivamente soddisfatto dell’esperienza universitaria appena conclusa (nel 2009 era l’86,6%); in particolare, si tratta del 90,1% tra i laureati di primo livello, dell’88,3% tra i magistrali a ciclo unico e del 90,8% tra i magistrali biennali. 

Laureati 2019: soddisfazione complessiva del corso di laurea per tipo di corso
(valori percentuali)

L’87,8% dei laureati è complessivamente soddisfatto del rapporto con il corpo docente; tale percentuale è identica per i laureati di primo livello (87,9%), scende all’80,5% tra i magistrali a ciclo unico e sale al 90,6% tra i magistrali biennali. In merito alle infrastrutture messe a disposizione dall’ateneo, 75,4 laureati su cento che ne hanno usufruito considerano le aule adeguate: sono il 74,3% tra i laureati di primo livello, il 70,8% tra i laureati magistrali a ciclo unico e il 79,6% tra i magistrali biennali. 

E quanti rifarebbero lo stesso percorso presso lo stesso ateneo? Il 71,6% dei laureati sceglierebbe nuovamente lo stesso corso e lo stesso ateneo (quota in crescita rispetto a quanto osservato nel 2009, 68,4%); l’11,3% rifarebbe lo stesso percorso ma in un altro ateneo; il 9,1% cambierebbe corso ma sceglierebbe lo stesso ateneo, il 5,6% cambierebbe sia corso sia ateneo e solo il 2,2% non si iscriverebbe più all’università (per i magistrali biennali si fa riferimento al solo biennio conclusivo). Tra i laureati di primo livello e tra i magistrali a ciclo unico confermano corso e ateneo rispettivamente 70,3 e 68,7 laureati su cento, mentre tra i magistrali biennali tale quota sale a 75,6 su cento.

POST-LAUREA: QUASI LA METÀ DEI LAUREATI È DISPOSTA A TRASFERIRSI ALL’ESTERO PER LAVORO E QUASI UN TERZO IN UN ALTRO CONTINENTE

Per quanto riguarda le prospettive di lavoro, alla storica mobilità per studio/lavoro lungo la direttrice Sud-Nord, che continua a caratterizzare il Paese, si affianca da qualche tempo quella verso l’Europa e gli altri Paesi extra-europei. Questi costituiscono una destinazione alla quale guarda un numero crescente di giovani neolaureati, non solo per lo studio ma anche come possibile mèta lavorativa.  Con tutta probabilità le difficoltà a trovare un’adeguata collocazione nel proprio Paese spingono i laureati a rendersi disponibili a varcare le Alpi.

Laureati 2019: decisamente disponibili a lavorare all’estero per tipo di corso di laurea
(valori percentuali)

La disponibilità a lavorare all’estero è dichiarata dal 47,3% dei laureati (era il 41,5% nel 2009): è il 48,8% per i laureati di primo livello, 43,3% per i magistrali a ciclo unico e 46,1% per i magistrali biennali. Il 31,8%, inoltre, è addirittura pronto a trasferirsi in un altro continente. Si rileva una diffusa disponibilità ad effettuare trasferte anche frequenti (28,1%), ma anche a trasferire la propria residenza (48,1%). Solo il 3,1% non è disponibile a trasferte.

LA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI LAUREATI – RAPPORTO 2020


La popolazione di riferimento del Rapporto 2020 sulla Condizione occupazionale è complessivamente di 650 mila laureati. Nel dettaglio, la rilevazione ha coinvolto tutti i laureati di primo e secondo livello – magistrali biennali e magistrali a ciclo unico – del 2018 (278 mila), contattati a un anno dal termine degli studi, i laureati di secondo livello del 2016 (114 mila) e del 2014 (110 mila) contattati, rispettivamente, a tre e a cinque anni dalla laurea. Infine, due indagini specifiche hanno riguardato i laureati di primo livello del 2016 e del 2014 che non hanno proseguito la formazione universitaria (79 mila e 69 mila, rispettivamente), contattati a tre e cinque anni dalla laurea. 

SINTESI DEI PRINCIPALI RISULTATI

RISPETTO AL 2014 AUMENTANO IL TASSO DI OCCUPAZIONE E LE RETRIBUZIONI A UN ANNO DAL TITOLO, MA NON SI COLMA LA CONTRAZIONE REGISTRATA TRA 2008 E 2014 

Il 64,2% dei laureati di primo livello, dopo il conseguimento del titolo, decide di proseguire il percorso formativo iscrivendosi a un corso di secondo livello. Sono di seguito fotografate le performance occupazionali dei laureati di primo livello che, dopo la conquista del titolo, hanno scelto di non proseguire gli studi universitari (34,9%).

Nel 2019 il tasso di occupazione (che include anche quanti risultano impegnati in attività di formazione retribuita) è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra i laureati di secondo livello del 2018. Il confronto con le precedenti rilevazioni evidenzia un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione che, rispetto al 2014 (anno che ha rappresentato il punto di svolta), risulta aumentato di 8,4 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 6,5 punti per i laureati di secondo livello. 

Si tratta di segnali positivi che, tuttavia, non sono ancora in grado di colmare la significativa contrazione del tasso di occupazione osservabile tra il 2008 e il 2014 (-16,3 punti percentuali per i primi; -15,1 punti per i secondi).

La retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è nel 2019, in media, pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e a 1.285 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2014 le retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) a un anno dal conseguimento del titolo figurano in aumento: +16,7% per i laureati di primo livello, +18,4% per quelli di secondo livello. L’aumento rilevato, tuttavia, non è ancora in grado di colmare la significativa perdita retributiva registrata nel periodo più difficile della crisi economica che ha colpito i neolaureati, ovvero tra il 2008 e il 2014 (-28,7% per il primo livello, -21,2% per il secondo livello).

Nel 2019, a un anno dal conseguimento del titolo, la forma contrattuale più diffusa è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda oltre un terzo degli occupati. Oltre la metà degli occupati, a un anno, considera il titolo di laurea “molto efficace o efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro.

RISPETTO AL 2015 TASSO DI OCCUPAZIONE E RETRIBUZIONI A CINQUE ANNI DAL TITOLO FIGURANO IN TENDENZIALE AUMENTO, MA IL MERCATO DEL LAVORO E’ ANCORA FRAGILE 

Nel 2019, a cinque anni dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari all’89,0% per i laureati di primo livello e all’86,8% per i laureati di secondo livello. Tali tassi risultano in tendenziale aumento, rispetto al 2015, di 3,4 punti percentuali e di 2,1 punti percentuali, rispettivamente (si è scelto il 2015 perché rappresenta l’anno in cui si rileva l’inversione di tendenza). Resta però vero, anche in questo caso, che questi segnali positivi intervengono dopo anni di significativa contrazione del tasso di occupazione che, tra il 2012 e il 2015, è diminuito di 5,0 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 5,7 punti per quelli di secondo livello. 

Nel 2019, a cinque anni dalla laurea, la retribuzione mensile netta è pari a 1.418 euro per i laureati di primo livello e 1.499 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto al 2015 si rileva un aumento delle retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) sia tra i laureati di primo livello (+1,9%) sia tra quelli di secondo livello (+6,5%), intervenute dopo le generalizzate contrazioni degli anni precedenti: nel periodo 2012-2015 la contrazione è stata pari a -3,0% e -5,0%, rispettivamente, per i laureati di primo e secondo livello. 

Nel 2019, a cinque anni dal conseguimento del titolo, la forma contrattuale più diffusa è il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato, che riguarda oltre la metà degli occupati. Quasi due terzi degli occupati, a cinque anni, considera il titolo di laurea “molto efficace o efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro.

Laureati 2018 e 2014 intervistati a uno e cinque anni: esiti occupazionali.
Anno di indagine 2019

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea.

I dati di dettaglio, di seguito presentati, si concentrano sull’analisi delle performance dei laureati di primo livello e di secondo livello usciti nel 2018 e nel 2014, intervistati a uno e cinque anni dal titolo.

LAUREATI A UN ANNO DALLA LAUREA

NEL 2019 È OCCUPATO IL 74,1% DEI LAUREATI DI PRIMO LIVELLO E IL 71,7% DEI LAUREATI DI SECONDO LIVELLO, VALORI IN AUMENTO RISPETTO AL 2014

L’indagine ha coinvolto oltre 159 mila laureati di primo livello e oltre 118 mila laureati di secondo livello del 2018 intervistati nel 2019 dopo un anno dal titolo.

Il 64,2% dei laureati di primo livello, dopo il conseguimento del titolo, decide di proseguire il percorso formativo iscrivendosi ad un corso di secondo livello (marginale la quota di chi si iscrive ad un corso triennale). Dopo un anno, il 63,4% risulta ancora iscritto. Per un’analisi più puntuale, pertanto, vengono di seguito fotografate le performance occupazionali dei laureati di primo livello che, dopo la conquista del titolo, hanno scelto di non proseguire gli studi universitari (34,9%).

Ad un anno dal titolo, il tasso di occupazione, che considera anche quanti risultano impegnati in attività di formazione retribuita, è pari al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra quelli di secondo livello. Il confronto con le precedenti rilevazioni evidenzia un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione che, rispetto al 2014, è aumentato di 8,4 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 6,5 punti per quelli di secondo livello. Si tratta di segnali positivi, che non sono però ancora in grado di colmare la significativa contrazione avvenuta tra il 2008 e il 2014 (-16,3 punti percentuali per i primi; -15,1 punti per i secondi).

Laureati degli anni 2007-2018 intervistati ad un anno dal conseguimento del titolo: tasso di occupazione per tipo di corso. Anni di indagine 2008-2019.
(valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della formazione primaria.

TIPOLOGIA DI ATTIVITA’ LAVORATIVA: RISPETTO AL 2008 AUMENTANO I CONTRATTI NON STANDARD

L’attività autonoma (liberi professionisti, lavoratori in proprio, imprenditori, ecc.) riguarda il 13,8% dei laureati di primo livello e l’11,6% dei laureati di secondo livello. Il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato interessa il 25,6% degli occupati di primo livello e il 25,8% di quelli di secondo livello. I laureati assunti con un contratto non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato) rappresentano il 38,7% dei laureati di primo livello e il 33,5% di quelli di secondo livello. 

L’analisi della tipologia dell’attività lavorativa restituisce un quadro strettamente connesso con gli interventi normativi susseguitesi negli anni più recenti. Per tali motivi, si riporta il confronto rispetto al 2008, che evidenzia un deciso incremento del lavoro non standard (+14,8 punti percentuali tra i laureati di primo livello e +12,2 punti tra i laureati di secondo livello) e un calo del lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato (-16,2 punti percentuali tra i laureati di primo livello e -5,7 punti tra quelli di secondo livello). Più contenute le altre variazioni. 

Laureati degli anni 2007-2018 occupati ad un anno dal conseguimento del titolo: tipologia dell’attività lavorativa per tipo di corso. Anni di indagine 2008-2019 

(valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della formazione primaria. 

RETRIBUZIONI IN AUMENTO RISPETTO AL 2014

Nel 2019, la retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è, in media, pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e 1.285 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2014 le retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) a un anno dal conseguimento del titolo figurano in aumento: +16,7% per i laureati di primo livello, +18,4% per quelli di secondo livello. 

Il miglioramento delle condizioni retributive, tuttavia, non è ancora in grado di colmare la significativa perdita retributiva registrata nel periodo più difficile della crisi economica che ha colpito i neolaureati, ovvero tra il 2008 e il 2014 (-28,7% per il primo livello, -21,2% per il secondo livello).

Laureati degli anni 2007-2018 occupati ad un anno dal conseguimento del titolo: retribuzione mensile netta per tipo di corso. Anni di indagine 2008-2019
(valori rivalutati in base agli indici Istat dei prezzi al consumo; valori medi in euro) 

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della formazione primaria.

LAVORO COERENTE CON GLI STUDI: EFFICACIA DELLA LAUREA IN AUMENTO RISPETTO AL 2014

Ma quanti svolgono un lavoro coerente con gli studi fatti? Per rispondere a questa domanda AlmaLaurea considera l’efficacia del titolo, che combina la richiesta (formale o sostanziale) della laurea per l’esercizio del lavoro svolto e l’utilizzo, nel lavoro, delle competenze acquisite all’università.

Nel 2019, per oltre la metà dei laureati occupati ad un anno, il titolo risulta “molto efficace o efficace”: 58,3% per i laureati di primo livello e 61,5% per i laureati di secondo livello.  

Rispetto all’indagine del 2014 si rileva un aumento di 11,0 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 8,0 punti per quelli di secondo livello. Il miglioramento osservato negli ultimi anni ha colmato la contrazione registrata durante gli anni della crisi (2008-2014), sia per i laureati di primo livello sia per i laureati di secondo livello: nel 2019 si registra il più alto valore nei livelli di efficacia.

Laureati degli anni 2007-2018 occupati ad un anno dal conseguimento del titolo: efficacia della laurea per tipo di corso. Anni di indagine 2008-2019
(valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della formazione primaria. 

LAUREATI A CINQUE ANNI DALLA LAUREA

È OCCUPATO L’89,0% DEI LAUREATI DI PRIMO LIVELLO E L’86,8% DEI LAUREATI DI SECONDO LIVELLO. VALORI IN AUMENTO RISPETTO AL 2015 

L’indagine a cinque anni dal titolo ha coinvolto 69 mila laureati di primo livello del 2014 che non hanno proseguito gli studi iscrivendosi alla laurea magistrale e 110 mila laureati di secondo livello del 2014 intervistati nel 2019 dopo cinque anni dal titolo.

A cinque anni dalla laurea migliorano le performance occupazionali nonostante le criticità vissute da chi si è affacciato sul mercato del lavoro negli anni bui della crisi. Per questi laureati, infatti, i segnali di ripresa della capacità di assorbimento del mercato del lavoro si sono manifestati solo negli anni più recenti: per questo motivo il confronto è operato rispetto al 2015. 

Nel 2019, a cinque anni dalla laurea, il tasso di occupazione (si considerano occupati anche quanti sono in formazione retribuita) è pari all’89,0% tra i laureati di primo livello e all’86,8% tra i laureati di secondo livello. Tali valori risultano in aumento rispetto al 2015 (+3,4 e +2,1 punti percentuali, rispettivamente). 

È pur vero che tali segnali positivi intervengono dopo anni di significativa contrazione del tasso di occupazione che, tra il 2012 e il 2015, è diminuito di 5,0 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 5,7 punti per quelli di secondo livello.

Laureati degli anni 2007-2014 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo: tasso di occupazione per tipo di corso. Anni di indagine 2012-2019 (valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della formazione primaria.

TIPOLOGIA DI ATTIVITA’ LAVORATIVA: NEL 2019 OLTRE LA META’ DEGLI OCCUPATI È ASSUNTO CON UN CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO 

Nel 2019, a cinque anni dal conseguimento del titolo, il lavoro autonomo (liberi professionisti, lavoratori in proprio, imprenditori, ecc.) si attesta al 10,8% tra i laureati di primo livello e al 19,6% tra i laureati di secondo livello. La quota di chi è assunto con contratto a tempo indeterminato è del 61,1% tra i laureati di primo livello e del 54,6% tra quelli di secondo livello. È assunto con un contratto non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato) il 16,5% dei laureati di primo livello e il 17,1% di quelli di secondo livello. 

Laureati degli anni 2007-2014 occupati a cinque anni dal conseguimento del titolo: tipologia dell’attività lavorativa per tipo di corso. Anni di indagine 2012-2019
(valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della formazione primaria. 

L’evoluzione nel tempo della tipologia dell’attività lavorativa è strettamente connessa ai vari  interventi normativi susseguitesi in questi anni. Per tali motivi, si riporta il confronto rispetto al 2012, che evidenzia un aumento del lavoro non standard (+6,7 punti per i laureati di primo livello e +1,7 per quelli di secondo livello). Il lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato registra una contrazione per i laureati di primo livello di 7,3 punti e un aumento di 3,7 punti per quelli di secondo livello; il lavoro autonomo si è mantenuto su livelli sostanzialmente stabili (+0,4 e -0,3 punti, rispettivamente).

NEL 2019 SMART WORKING E TELELAVORO PER IL 3,1% DEI LAUREATI DI PRIMO LIVELLO E PER IL 4,2% DEI LAUREATI DI SECONDO LIVELLO A CINQUE ANNI

La rilevazione del 2019, che non è in grado di cogliere gli stravolgimenti verificatisi nei primi mesi del 2020 a seguito della crisi pandemica, ha approfondito la diffusione dello smart working e del telelavoro, forme che consentono una maggiore flessibilità nell’organizzazione dei tempi e delle modalità di lavoro. Si tratta di modalità di lavoro che sono poco diffuse tra i laureati: coinvolgono complessivamente il 4,6% dei laureati di primo livello e il 5,2% dei laureati di secondo livello occupati a cinque anni dal titolo

I livelli osservati sono coerenti con quanto rilevato da Eurostat, seppure le definizioni adottate siano non del tutto sovrapponibili: nel 2019, il 3,6% del complesso dei lavoratori italiani di 25-49 anni lavora “abitualmente da casa”. Si tratta di una percentuale inferiore rispetto a quella rilevata per il complesso dei Paesi europei, che risulta pari al 5,1%.

Sia a uno sia a cinque anni dal conseguimento del titolo e sia per la modalità smart working sia per la modalità telelavoro, la diffusione è relativamente più elevata tra gli uomini. Un risultato che risulta confermato anche in Eurostat. 

RETRIBUZIONI IN AUMENTO RISPETTO AL 2015 

A cinque anni dalla laurea la retribuzione mensile netta è pari a 1.418 euro per i laureati di primo livello e a 1.499 euro per i laureati di secondo livello.

Rispetto al 2015 si rileva un aumento delle retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) sia tra i laureati di primo livello (+1,9%) sia tra quelli di secondo livello (+6,5%), intervenute dopo le generalizzate contrazioni degli anni precedenti. Sebbene l’aumento rilevato non sia ancora in grado di colmare la perdita retributiva intervenuta nel periodo 2012-2015 (pari a -3,0 e -5,0%, rispettivamente per i laureati di primo e secondo livello), la distanza rispetto al 2012 è decisamente contenuta.

Laureati degli anni 2007-2014 occupati a cinque anni dal conseguimento del titolo: retribuzione mensile netta per tipo di corso. Anni di indagine 2012-2019
(valori rivalutati in base agli indici Istat dei prezzi al consumo; valori medi in euro)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della formazione primaria. 

LAVORO COERENTE CON GLI STUDI PER OLTRE IL 60% DEGLI OCCUPATI A CINQUE ANNI 

La corrispondenza tra laurea conseguita e lavoro svolto è misurata dall’efficacia del titolo che, a cinque anni, risulta “molto efficace o efficace” per il 61,6% e per il 65,3% degli occupati di primo e secondo livello, rispettivamente.

Dopo il tendenziale calo dei livelli di efficacia osservato negli anni della crisi economica, negli anni più recenti si assiste a un lieve miglioramento, che avvicina i livelli di efficacia ai valori osservati nel 2012, addirittura superandoli tra i laureati di secondo livello. Ciò deriva anche da un calo, rispetto allo scorso anno, per i laureati di primo livello e, al contrario, un aumento per quelli di secondo livello.

Laureati degli anni 2007-2014 occupati a cinque anni dal conseguimento del titolo: efficacia della laurea per tipo di corso. Anni di indagine 2012-2019
(valori percentuali)

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea; i laureati di secondo livello comprendono anche i laureati del corso pre-riforma in Scienze della formazione primaria. 

LA MOBILITÀ GEOGRAFICA PER MOTIVI DI LAVORO

Dall’analisi combinata tra ripartizione geografica di residenza alla laurea e ripartizione geografica di lavoro, emerge una diversa mobilità tra i laureati di secondo livello del Nord, del Centro e del Sud. In particolare, nel 2019 si rileva che:

1) tra i laureati residenti al Nord, occupati a cinque anni, l’8,9% lavora al di fuori della propria ripartizione territoriale; il principale flusso di mobilità è verso l’estero (6,4%); 

2) tra i laureati residenti al Centro, occupati a cinque anni, il 21,0% lavora al di fuori della propria ripartizione territoriale, prevalentemente al Nord (13,2%) e all’estero (5,7%);

3) tra i laureati residenti al Sud, occupati a cinque anni, il 44,5% lavora al di fuori della propria ripartizione territoriale; più nel dettaglio, il 27,3% lavora al Nord, il 12,1% al Centro, il 5,1% all’estero. 

NEL 2019 IL 5,8% DEI LAUREATI DI SECONDO LIVELLO ITALIANI LAVORA ALL’ESTERO

A cinque anni dalla laurea lavora all’estero il 5,8% dei laureati di secondo livello di cittadinanza italiana (quota in tendenziale crescita negli ultimi anni). Tra questi, il 42,6% ha dichiarato di essersi trasferito all’estero per mancanza di opportunità di lavoro adeguate in Italia, cui si aggiunge un ulteriore 23,7% che dichiara di aver lasciato l’Italia avendo ricevuto un’offerta di lavoro interessante da parte di un’azienda che ha sede all’estero. Il 12,9% si è trasferito per motivi personali o familiari. Infine, il 9,8% ha dichiarato di aver svolto un’esperienza di studio all’estero (Erasmus, preparazione della tesi, formazione post-laurea, ecc.) e di essere rimasto o tornato per motivi di lavoro, mentre il 3,9% lo ha fatto su richiesta dell’azienda presso cui stava lavorando in Italia.

Un ulteriore elemento preso in considerazione per valutare quanto la scelta di trasferimento all’estero sia o meno temporanea è relativo all’ipotesi di rientro in Italia. Complessivamente, il 37,2% degli occupati all’estero ritiene tale scenario molto improbabile, quanto meno nell’arco dei prossimi cinque anni. Di contro, solo il 16,8% è decisamente ottimista, ritenendo il rientro in Italia molto probabile. Il 30,9% valuta tale ipotesi poco probabile mentre il 14,7% non è in grado di esprimere un giudizio.

Chi decide di spostarsi all’estero per motivi lavorativi ha performance di studio tendenzialmente più brillanti rispetto a chi decide di rimanere in Italia a lavorare. 

A cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello, l’86,5% degli occupati all’estero lavora in Europa: tra i principali Paesi, il 19,7% lavora nel Regno Unito, il 12,3% in Svizzera e un ulteriore 12,3% in Germania; il 9,6%, invece, lavora in Francia, mentre il 6,0% in Spagna. Più contenute le quote di occupati nelle Americhe (6,6%) e in Asia (3,8%); residuali i restanti continenti.

Le retribuzioni medie percepite all’estero sono notevolmente superiori a quelle degli occupati in Italia: i laureati di secondo livello occupati all’estero percepiscono, a cinque anni dal titolo, 2.297 euro mensili netti, +58,9% rispetto ai 1.446 euro di coloro che sono rimasti in Italia. 

GRUPPI DISCIPLINARI ALLA PROVA DEL LAVORO

Tra i laureati magistrali biennali del 2014 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo si registrano rilevanti differenze tra i vari gruppi disciplinari. I laureati in ingegneria, delle professioni sanitarie e di architettura mostrano le migliori performance occupazionali, dal momento che il tasso di occupazione è ovunque superiore al 90,0%. Sono invece al di sotto della media i tassi di occupazione dei laureati dei gruppi insegnamento, letterario, psicologico e geo-biologico (il tasso di occupazione è inferiore all’83,0%). 

Anche tra i laureati magistrali a ciclo unico, intervistati a cinque anni, si evidenziano importanti differenze tra i gruppi disciplinari: i laureati del gruppo medico hanno le più elevate performance occupazionali, registrando un tasso di occupazione pari al 93,8%. Al di sotto della media, invece, i laureati del gruppo giuridico, dove il tasso di occupazione si ferma al 78,2%.

Laureati magistrali biennali del 2014 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo:

tasso di occupazione per gruppo disciplinare. Anno di indagine 2019
(valori percentuali)

Nota: il gruppo Difesa e sicurezza e Giuridico non sono riportati.

Laureati magistrali a ciclo unico del 2014 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo: tasso di occupazione per gruppo disciplinare. Anno di indagine 2019
(valori percentuali)

Nota: il gruppo Letterario non è riportato.

Tra i laureati magistrali biennali sono soprattutto i laureati di ingegneria e del gruppo scientifico che possono contare sulle più alte retribuzioni: rispettivamente 1.807 e 1.729 euro mensili netti. Non raggiungono invece i 1.200 euro mensili le retribuzioni dei laureati dei gruppi psicologico e insegnamento. 

Tra i magistrali a ciclo unico le retribuzioni più elevate sono percepite dai laureati del gruppo medico (2.047 euro). Più contenute quelle del gruppo giuridico, che raggiungono i 1.406 euro mensili.

Laureati magistrali biennali del 2014 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo:

retribuzione mensile netta per gruppo disciplinare. Anno di indagine 2019
(valori medi in euro)

Nota: il gruppo Difesa e sicurezza e Giuridico non sono riportati.

Laureati magistrali a ciclo unico del 2014 intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo: retribuzione mensile netta per gruppo disciplinare. Anno di indagine 2019
(valori medi in euro)

Nota: il gruppo Letterario non è riportato.

A cinque anni dal titolo, i valori più elevati di efficacia sono raggiunti tra i laureati magistrali biennali dei gruppi educazione fisica (74,2%) e geo-biologico (69,3%). Seguono gli occupati dei gruppi architettura, scientifico, psicologico e chimico-farmaceutico, tutti con valori superiori al 65,0%. Inferiori alla media invece i livelli di efficacia dei laureati del gruppo politico-sociale (38,5%) e delle professioni sanitarie (50,2%; si tratta di laureati che utilizzano la laurea magistrale biennale per progressioni di carriera interne all’azienda ospedaliera). 

Decisamente più elevati i livelli di efficacia tra i laureati magistrali a ciclo unico, in particolare tra i laureati dei gruppi medico, veterinaria e farmacia, dove oltre il 90,0% degli occupati valuta “molto efficace” o “efficace” il titolo magistrale a ciclo unico.

LAUREATI O DIPOLOMATI: LAUREARSI CONVIENE

All’aumentare del livello del titolo di studio posseduto diminuisce il rischio di restare intrappolati nell’area della disoccupazione. Generalmente i laureati sono in grado di reagire meglio ai mutamenti del mercato del lavoro, disponendo di strumenti culturali e professionali più adeguati. I laureati godono infatti di vantaggi occupazionali importanti rispetto ai diplomati di scuola secondaria di secondo grado durante l’arco della vita lavorativa: nel 2019, il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 è pari al 78,9% tra i laureati, rispetto al 66,3% di chi è in possesso di un diploma. Inoltre, la documentazione più recente a disposizione evidenzia che, nel 2015, un laureato guadagnava il 39,0% in più rispetto ad un diplomato di scuola secondaria di secondo grado. 

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