Giannini e le europee: “Candidarmi? Ci sto pensando”

Ministro-Giannini

Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini è intervenuto questo pomeriggio al videoforum de La Stampa. Tanti i temi toccati dall’ex rettore dell’Università per stranieri di Perugia, tra cui anche una sua possibile discesa in campo in prima persona verso le elezioni europee

 

Il governo Renzi punta molto sull’educazione e sulla scuola, ma al momento si parla solo di edilizia scolastica. Quando vedremo le linee guida di una nuova offerta educativa? “Penso che il proporre e realizzare un grande piano di messa in sicurezza e abbellimento delle scuole italiane sia una cosa straordinaria per l’Italia”, esordisce il ministro. “La scuola non ha bisogno di leggi, un ministro che voglia migliorare deve partire dall’esistente e da lì semplificare”.

La figura dell’insegnante è centrale, e al momento è troppo svalutata, se pensiamo che nessuno augura al proprio figlio di diventare un maestro elementare. Spero che si cominci a guardare di più al merito e all’impegno, e che questo si traduca in un compenso economico differente a seconda di chi lavora di più e meglio. Perché insegnare non è solo questione di talento, ma di impegno e di lavoro costante”.

Dalle borse di studio per gli studenti di medicina al tempo pieno, il ministro Giannini confessa di star lavorando per rimettere al centro le questioni all’interno di un progetto più ampio, così come ammette che la politica dei concorsoni a singhiozzo va completamente rivista. Non si sottrae però di fronte alla possibilità di dare anche un paio di risposte secche: “Non intendiamo né abolire l’ora di educazione fisica, né tanto meno quella di storia dell’arte”. A chi chiede del possibile inserimento dell’educazione musicale, il ministro risponde che è allo studio un progetto di irrobustimento della musica già dalla scuola primaria. “In Germania i bambini che escono dalle scuole elementari sanno chi è Wagner e chi è Mozart, e spesso sanno già studiare uno strumento. Da noi come è noto questo non accade”.

Una domanda riguarda il numero delle università: non sono troppe rispetto agli standard europei? “Parlano i numeri, 80 Università per un Paese di 60 milioni di abitanti non è una proporzione fuori dalle classifiche internazionali. Personalmente non vedo una situazione anomala, il problema piuttosto è che tutti si sono messi a fare tutto, spesso rinunciando a trovare una specializzazione che permetta tra l’altro una minor dispersione dei costi. Atenei con vocazioni più specifiche – aggiunge il ministro – aiuterebbero la qualità del sistema nel suo complesso”.

È difficile conquistare o ri-attrarre i cosiddetti cervelli in fuga con contratti come i nostri?, chiede un lettore. “Forse il piano straordinario di assunzione dei nuovi ricercatori che stiamo mettendo a punto potrà dare la risposta a una generazione – risponde il ministro – ma se non si dà maggiore autonomia e disponibilità di budget agli atenei, si finisce per ripetere le solite politiche in cui si fanno iniezioni di personale per un periodo e poi niente per quello successivo”.

Il ministro non nasconde che ha ricevuto molte richieste da parte di Scelta Civica per candidarsi alle europee: “Ci sto pensando, deciderò. penso in ogni caso che l’Europa sia in una fase importante: si tratta di scegliere se farsi portavoce della generazione Erasmus oppure di assistere al ritorno al Medioevo. Io il Medioevo l’ho studiato bene, e proprio per questo ritengo che sia il momento della Generazione Erasmus”.

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