Europa, autonomia universitaria a rischio? Un report dell’European University Association mette in guardia la politica

35 sistemi di istruzione superiore analizzati sul tema dell’autonomia. Murphy: “Nuovo interesse della politica porta a influenza eccessiva, ci sia dialogo con settore universitario”

Si chiama Autonomy Scorecard ed è un report fatto dall’Associazione delle Università europee, che conta più di 800 atenei ed enti nell’Unione e anche al di fuori di essa. Mettendo in comparazione 35 sistemi di istruzione superiore e analizzando autonomia organizzativa, finanziaria, del personale, accademica, l’EUA pone l’attenzione sul dirigismo europea post covid e la “fretta” di voler gestire il mondo accademico.

“I risultati dell’attuale studio mostrano che ci sono ancora troppe restrizioni che impediscono alle università di realizzare il loro pieno potenziale: nei modelli di cooperazione transnazionale intensificata, come le alleanze universitarie europee; nello sviluppo di condizioni competitive a livello internazionale per il personale accademico; o nella personalizzazione dell’infrastruttura del campus in linea con la direzione strategica dell’istituzione – dichiara Michael Murphy, presidente EUA -. Il mondo di oggi deve affrontare grandi sfide e le università svolgono un ruolo importante nell’affrontarle. Il riconoscimento di questi due fatti ha stimolato un crescente interesse politico per le università e il riconoscimento che i loro ruoli si estendono oltre le missioni tradizionali dell’insegnamento, della formazione, della ricerca e dell’innovazione”.

“Tuttavia – continua l’ex ex presidente dell’University College Cork – la Scorecard mostra che questo nuovo interesse spesso porta a un’influenza eccessiva e non necessaria, sia attraverso specifici accordi di governance, uso eccessivo di strumenti di indirizzo o interventi ad hoc. Invito tutti i responsabili politici europei, nazionali e regionali ad attingere alle esaurienti prove contenute in questo rapporto per pianificare le future riforme settoriali. Li invito inoltre a dialogare con il settore universitario per creare regolamenti e politiche che consentano alle università europee di affrontare le grandi sfide del nostro tempo”.

Che cos’è l’Autonomy Scorecard?

Pubblicata dalla European University Association, l’Autonomy Scorecard raccoglie, confronta e pondera i dati sull’autonomia universitaria in 35 sistemi di istruzione superiore. Consente un’analisi comparativa concreta dei quadri normativi nazionali in materia di autonomia universitaria e lo scambio di buone pratiche. La Scorecard analizza il quadro normativo applicato alle università pubbliche attraverso quattro dimensioni di autonomia: organizzativa, finanziaria, del personale, accademica. La Scorecard sostiene un dialogo basato su prove sull’autonomia, che rimane una condizione necessaria per migliorare la capacità delle istituzioni di adempiere alle loro missioni fondamentali. Dal 2011, l’Autonomy Scorecard è stata ampiamente utilizzata dai membri dell’EUA – in particolare dai membri collettivi dell’EUA (conferenze nazionali dei rettori e associazioni universitarie) – nonché dai responsabili politici, nel contesto dei dibattiti e delle riforme politiche nazionali.

La ricchezza di dati che offre è stata determinante nel fornire una panoramica dello stato dell’autonomia universitaria in Europa e ha permesso ai sistemi di confrontarsi in questo contesto. La copertura geografica dell’Autonomy Scorecard è progredita nel tempo. Tre sistemi di istruzione superiore (Georgia, Romania, Scozia) figurano per la prima volta in questa edizione, insieme a quattro sistemi di ritorno (Cipro, Cechia, Grecia, Türkiye). Questa copertura estesa consente una migliore comparabilità e la possibilità di trarre conclusioni più complete a livello europeo. Per la prima volta, questo aggiornamento include anche un capitolo sulle disposizioni per la libertà accademica nella legislazione nazionale. C’è un sistema, però, non è incluso nell’Autonomy Scorecard: l’Ungheria. Oggetto di un’analisi complementare poiché il sistema ungherese ha sviluppato un modello di governance che mostra una combinazione di caratteristiche che non si trovano altrove in Europa.

L’autonomia messa a rischio dal dirigismo post covid

C’è una crescente tendenza a orientarsi attraverso il modello di finanziamento. I contratti di prestazione ne sono un esempio. Sebbene questi strumenti consentano in teoria una maggiore individualizzazione, e quindi approcci su misura, la pratica rivela un grado eccessivo di microgestione. “Negli ultimi cinque anni – si legge nel report – si sono verificati numerosi casi di intervento statale ad hoc al di fuori del suo tradizionale ruolo normativo. Il Covid-19 ha avuto un impatto negativo sull’autonomia istituzionale in quanto in molti casi in cui sono stati applicati blocchi, le autorità pubbliche hanno intrapreso azioni dirette come limitare o interrompere le attività di insegnamento e ricerca all’interno del campus, lasciando la leadership universitaria ad attuare le decisioni statali”.

Un altro aspetto toccato dall’analisi riguarda quadri normativi eccessivamente restrittivi diventano tanto più ingiustificabili quando impediscono alle università di affrontare questioni strutturali e di mettere in comune le risorse. Inoltre generalmente non riescono a supportare una pianificazione più strategica. “Il contesto geopolitico sempre più teso ha portato a un maggiore controllo delle università e dei loro partenariati internazionali, dal punto di vista della sicurezza della conoscenza. L’autonomia va di pari passo con solidi quadri di responsabilità. La nozione di accountability si sta evolvendo e sta diventando sempre più complessa e, come tale, lo è anche l’interazione con l’autonomia istituzionale”.

Per raccogliere i frutti di una maggiore autonomia quindi le università “devono essere sostenute per sviluppare le giuste competenze, siano esse strategiche, trasversali o tecniche, per sfruttare al meglio l’autonomia”. Inoltre il report ricorda come le “università autonome richiedono una leadership forte”.

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