Un forte attaccamento al proprio lavoro e a quelle aule frequentate per quasi 60 anni. Per questo il professor Fiorenzo Mazzi, docente di Mineralogia all’Università di Pavia, scomparso il 25 settembre 2017, ha lasciato in eredità 300mila euro all’Ateneo pavese. Un dono che ha colpito il Rettore Fabio Rugge: “Un gesto che ci ha emozionato, perché rappresenta l’amore per l’istituzione di un grande docente, dimostrato in tanti anni di insegnamento e ricerca e ulteriormente confermato da questa donazione – commenta –. Anche l’entità del lascito non può lasciare indifferenti, e ci spinge a continuare nel lavoro di costruzione del sapere, che è anche costruzione di comunità, in cui l’Università di Pavia è impegnata da sempre».
Il professor Fiorenzo Mazzi era nato a Firenze nel 1924. Dopo la laurea in Chimica all’Università di Firenze, e dopo alcuni soggiorni all’estero, nel 1960 aveva ottenuto la cattedra di Mineralogia all’Università di Pavia, dove ha svolto tutta la sua carriera scientifica. Nel 1967 era stato uno dei promotori, e il primo presidente, dell’Associazione Italiana di Cristallografia. Nel 1970 aveva fondato, e diretto per qualche anno, il Centro di Cristallografia strutturale del Consiglio nazionale delle ricerche. Inoltre Mazzi dal 1997 era professore emerito nell’Ateneo pavese, e aveva continuato a frequentare il suo studio fino a pochi anni prima della sua scomparsa.
Autore di una novantina di pubblicazioni sulla caratterizzazione di minerali complessi, è considerato un pioniere della moderna cristallografia mineralogica, e un grande esperto della risoluzione e del raffinamento di strutture complesse, in particolare di politipi e di geminati. Così lo ricordò il professor Vittorio Tazzoli, del Dipartimento di Scienza della terra e dell’ambiente, il giorno della cerimonia funebre, tenuta il 26 settembre 2017 nella chiesa di S. Lanfranco: «Mazzi univa lo spirito caustico della sua città a un carattere estremamente schivo, antimondano, direi quasi francescano nella sua essenzialità. Quando sentiva parlare di “ricerche avanzate” (di chiunque, anche delle sue) non poteva trattenere la domanda beffarda : “Avanzate da chi?”. A chi, come capitò anche me, gli chiedeva di come si dovesse preparare in attesa di poter lavorare nel suo gruppo, rispondeva: “Compri la settimana enigmistica”. Ma quando si entrava nella sua squadra, avviata col suo arrivo in cattedra a Pavia nel 1960, si entrava in un mondo affascinante, non solo nel ricordo che ne abbiamo, ma anche nella realtà di cui eravamo già allora convinti».
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