Se fino a qualche tempo fa di cellule staminali si parlava soltanto in termini di remota potenzialità, oggi la comunità scientifica guarda ad esse come opportunità concreta. Ma a cosa servono davvero? A parlarne è Paola Romagnani, professore associato di Nefrologia dell’Università di Firenze, assegnataria di un finanziamento europeo di tre milioni di euro per una ricerca sulle tecniche di preparazione di cellule staminali per la terapia cellulare dei danni renali. Una sfida ambiziosa ma raccolta con entusiasmo che rende onore alla ricerca italiana, spesso poco valorizzata.
Professoressa, può illustrare in breve il suo progetto?
Al di là delle problematiche etiche che l’uso delle cellule staminali determina, non sappiamo ancora come controllare il loro enorme potenziale proliferativo e rigenerativo: non è pensabile a breve termine utilizzarle per finalità terapeutiche. Il progetto di ricerca finanziato dalla Comunità europea nasce con lo scopo di confrontare l’efficacia di cellule staminali ottenute da midollo osseo con cellule staminali ottenute dal rene per valutare quali potrebbero essere più efficaci e sicure per il trattamento delle malattie renali.
L’Italia riserva un’adeguata attenzione al settore ricerca e sviluppo?
L’Italia spende poco e male in ricerca e sviluppo. I soldi sono scarsi e mal distribuiti, si tiene poco conto di criteri meritocratici. Ormai i nostri ricercatori migliori non emigrano più solamente verso gli Stati Uniti o gli altri paesi europei, ma anche in Cina, India, Singapore, dove i loro studi sono ben finanziati e questo la dice lunga verso quale parte del mondo si sta spostando il futuro. In questi paesi, i ricercatori migliori sono contesi dalle università come da noi si fa con i giocatori di calcio. Per cambiare questa tendenza così negativa è quindi anche necessario favorire la diffusione di una cultura scientifica che nel nostro Paese è stata sempre poco presente e che ormai sta scomparendo.
A livello internazionale come sono considerati e, soprattutto, valutati i ricercatori italiani?
In Italia ci sono studiosi eccellenti, molto apprezzati in tutto il mondo. Semmai spesso i colleghi stranieri si meravigliano perché molti valenti scienziati continuino a lavorare in Italia, dove sono mal finanziati e mal pagati, e non cedono alle lusinghe dell’estero.
Può togliersi qualche sassolino dalla scarpa: c’è qualcuno cui rimprovera di aver ostacolato il suo progetto?
Io sono stata molto fortunata. Quando ho avuto l’idea di cercare le cellule staminali nel rene, ho proposto il progetto di ricerca all’Assessore alla Sanità Toscana, Enrico Rossi che ci ha creduto e ha finanziato l’inizio di questi studi, circa quattro anni fa, dimostrando una visione politica lungimirante, che nel nostro paese è molto rara. Su questi risultati sta investendo la Comunità europea, a dimostrazione del fatto che la buona ricerca porta sempre i suoi frutti, purché adeguatamente sostenuta.
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