La riforma della riforma: partecipazione democratica al sapere

Il Corriereniv inaugura lo spazio “Favorevole o contrario” in merito alla riforma universitaria. Riportiamo di seguito l’intervista del prof. Nunzio Miraglia,coordinatore dell’ ANDU.

FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Alla luce dell’approvazione alla Camera del dll Gelmini, Corriereniv inaugura lo spazio “Favorevole o contrario” in merito alla riforma universitaria. Riportiamo di seguito l’intervista, gentilmente concessa, dal prof. Nunzio Miraglia,coordinatore dell’ ANDU– Associazione Nazionale Docenti Universitari.
Diffusi i giudizi positivi sul nuovo meccanismo di reclutamento dei docenti. Prof. Miraglia, lei come valuta la neo-nata procedura di assunzione ?
Molto negativamente. La scelta finale, quella ‘vera’, di chi dovrebbe essere reclutato e di chi dovrà avanzare nella carriera diventerebbe ancor più locale, cioè ancor più saldamente in mano al singolo barone-‘maestro’, accentuando così il nepotismo con gli annessi fenomeni clientelari e parentali. L’alternativa a tutto cio’ è che tale SCELTA sia affidata a Commissioni scientifiche nazionali i cui componenti siano tutti sorteggiati. In particolare, il reclutamento in ruolo (cioè la stabilizzazione) nella docenza universitaria potrà avvenire (se avverrà) dopo ben undici anni dalla laurea: 3 anni di dottorato seguiti da 3 + 2 + 3 di ricercatore a tempo determinato, senza conteggiare i ‘tempi morti’ ed eventuali oltre collocazioni precarie intermedie. Si rivela dunque, una scarsa considerazione delle condizioni economiche,  l’abilitazione è aperta a tutti i cittadini. Quello che si prospetta prevalentamente per il reclutamento in ruolo è il percorso descritto, ma e’ ovvio che per diventare associato bisognerà COMUNQUE avere conseguito prima l’abilitazione nazionale ad associato.
Il mandato a tempo dei rettori viene salutato come uno strumento per limitarne l’influenza sulla gestione universitaria, mentre quali sono gli aspetti del ddl Gelmini che, a suo avviso, ne rafforzano il potere?
La questione non è quanto tempo possa durare il mandato di un Rettore, ma quanto e quale potere possa egli esercitare nel corso del mandato stesso. Con l’introduzione di un Consiglio di Amministrazione con poteri assoluti (quali corsi di laurea istituire o cancellare, dove e chi reclutare o promuovere), nominato di fatto dal Rettore, che sara affiancato dai rappresentanti dei poteri economico-politici locali, si renderà ‘totalitario’ il ruolo del Rettore e gli Atenei saranno trasformati in ASL, cancellando qualsiasi residuo di democrazia e di autonomia garantita dalla Costituzione. Il ddl Gelmini tende a sottrarre al corpo docente, la gestione della didattica e della ricerca, limitando il Senato Accademico a formulare proposte così da limitare il potere baronale dei docenti. Tuttavia, se si volesse limitare sul serio il potere baronale bisognerebbe impedire che sia il singolo ‘maestro’ a decidere chi reclutare. Bisognerebbe limitare al massimo il periodo di pre-ruolo e stabilire un unico ruolo articolato in tre fasce. Inoltre andrebbe finalmente prevista la costituzione di un Organo di Ateneo, presieduto dal  Rettore, composto da rappresentanti direttamente, eletti da tutte le componenti, senza la presenza di Presidi e/o Direttori di Dipartimento, portatori di interessi particolari. E’ necessario rendere effettiva la partecipazione democratica alla sua gestione, superando l’attuale sistema oligarchico.
La  formula del 3+3 con successivo concorso per i ricercatori a tempo determinato, costituisce una prima forma di stabilizzazione professionale?
Come dicevo, occorre limitare notevolmente il periodo pre-ruolo (massimo 3 anni), che va svolto con un contratto che sostituisca tutta l’attuale giungla di figure precarie. Questi docenti in formazione devono godere (come negli USA) di reale autonomia di ricerca con la diretta responsabilità dei fondi. Contemporaneamente occorre bandire nei prossimi anni, su fondi statali, almeno 20.000 posti di ruolo, per compensare il pensionamento già in atto di quasi la metà degli attuali docenti e per dare un – se pur parziale – sbocco agli oltre 50.000 docenti precari che hanno svolto e stanno svolgendo didattica e ricerca.
Il mondo accademico è concorde nella necessità di una riforma, quali gli elementi fondamentali di cambiamento?
Per quanto riguarda la didattica occorre profondamente rivedere l’attuale “3 + 2” e il sistema dei crediti, dopo una ampia verifica di questa riforma imposta dall’alto che ha portato allo scadimento della didattica. Per il diritto allo studio bisogna intervenire con investimenti superiori a quelli precedenti (e non con i tagli!) per finanziare più borse di studio, alloggi, mense, ecc. Ma altrettanto importante è il miglioramento della qualità dell’insegnamento: reale autonomia didattica, più docenti di ruolo, biblioteche, laboratori, ecc. La valutazione è indispensabile, ma non deve costituire il pretesto per commissariare, come si tende a fare con l’ANVUR, il Sistema nazionale delle Università. In particolare la valutazione della ricerca deve essere affidata alle comunità scientifiche e non ad Agenzie che non potrebbero mai essere “terze”.
Il ddl prevede un fondo premiale per il 2011-2013 che serve a reintegrare su base meritocratica parte degli scatti di stipendio: senza il ddl queste risorse non potranno essere utilizzate per lo scopo previsto. Cosa risponde al Miur?
Il fatto è che si sta giocando con spregiudicatezza la carta del “terrorismo mediatico” per fare passare, ad ogni costo e con qualsiasi mezzo, il ddl. Ammesso e non concesso che ci siano reali ostacoli normativi alla riattivazione del reclutamento e degli avanzamenti di carriera, basterebbe una specifica e semplice norma per superarli. Comunque, le conseguenze certe dell’approvazione del ddl sarebbero il blocco ancora per anni, del reclutamento e degli avanzamenti di carriera, con l’espulsione dall’Università degli oltre 50.000 attuali precari: altro che ricambio generazionale! Inoltre, è necessaria una riforma condivisa dal mondo universitario . Questa legge è già stata bocciata da un movimento che ha mostrato quella competenza e quella saggezza che mancano del tutto alla potente lobby accademica trasversale che gestisce le risorse pubbliche.
Amanda Coccetti

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