Dopo i dati di “ripresa” del lavoro nel brevissimo periodo degli ultimi giorni, l’Ocse ci riporta alla realtà: l’Università italiana non riesce a produrre laureati e quei pochi non trovano lavoro o ricevono meno dei colleghi senza un titolo di studio superiore. Questo quanto emerge dal rapporto Ocse Education at a glance 2017 dove l’Italia (dati 2016) si attesta all’ultimo posto tra l’occupazione dei laureati, 64%, rispetto una media Ocse del 83% e quella europea dell’82%. La disoccupazione, poi, non va certo meglio: 15,3%, rispetto una media Ocse del 6,6% e alla media UE del 7,4% (peggio di noi solo Spagna e Grecia). Ma il dato preoccupante è un altro, il nostro paese ha il tasso di inattivi più alto dell’intera area Ocse: 24%. A ciò si aggiunge un gender gap molto marcato: a fronte di costi identici sostenuti per raggiungere il titolo di studi, i benefici una volta dentro al mondo del lavoro vengono quantificati per la componente femminile in misura pari alla metà di quanto ottiene la componente maschile”.
L’Italia non è una paese per laureati. Negli ultimi anni si è parlato molto del fatto che c’è un deficit di laureati in materie economiche (14% rispetto media Ocse 23%), non scientifiche si badi bene (25% rispetto media Ocse del 22%). Medici, ingegneri e matematici non sono in carenza, benché la popolazione umanistica sia ancora elevata. Ma che questo sia un male o mano è poco rilevante se si pensa che i nostri laureati, tutti, all’estero il lavoro lo trovano. Il report sfata, poi, la retorica portata avanti da molti governi: meglio laurearsi prima con un punteggio basso che farlo con un anno o due in più ma fuoricorso. Ricordate le parole del Ministro Poletti? Bene, su un penultimo posto al 18% come popolazione con una laurea tra i 25 e i 64 anni, a fronte di una media Ocse di 36% e quella europea di 33%, in Italia l’età media della prima laurea è 25 anni, in media con i Paesi europei e addirittura inferiore a quella Ocse. Un altro interessante dato è la scomparsa del divario Nord e Sud, è il Centro infatti ad avere la maggior popolazione di laureati.
Lazio, Umbria, Emilia-Romagna e Toscana tra le prime quattro. Il nostro paese nel 2014 ha investito il 7,1% in istruzione a fronte di una media Ocse dell’11,3 per cento, e solamente 1,6% in educazione terziaria (media Ocse 3,1%). “La pagina nera in cui rintracciare gran parte delle cause di questi dati è quella relativa ai finanziamenti – afferma Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale Udu – Focalizzandosi sulla sola educazione universitaria, l’Italia impiega 11.510 dollari a fronte di una media Ocse di 16.143; il dato, poi, diventa impietoso se confrontato con i nostri cugini francesi, 16.422, o la Germania con 17180″.
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