Intervista ad Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori

Intervista ad Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori

antonio di pietroNel pieno della bagarre sulle schede elettorali tutte da rifare, Antonio Di Pietro, alleato con il Partito democratico di Veltroni, trova qualche minuto per rispondere alle nostre domande.

Ministro, lei è considerato il rappresentante dell’antipolitica col pallino per la giustizia. Crede che di questi tempi i ragazzi siano messi nelle condizioni di distinguere cosa è giusto e cosa no?
No. Non lo credo. E certamente non per colpa loro. Abbiamo contribuito anche noi politici a non essere chiari. Molti della cosiddetta “casta”, in tema di legalità e moralità, hanno dato il meglio del peggio. Ed una buona dose di responsabilità ce l’ha anche l’informazione perché in molti casi o ha dato notizie distorte o non le ha date. Fatta questa premessa, ora devo cercare io di essere chiaro. Primo: spesso e a sproposito al termine antipolitica si dà una connotazione negativa. Lo si usa, per esempio, per attaccare Beppe Grillo e i tanti cittadini che andarono a votare una proposta di legge di iniziativa popolare, prevista dalla nostra Costituzione. È antipolitica quella? Per me “anti” vuol dire essere contro e, in questo caso mi pare che sia esattamente il contrario. I cittadini firmando quella proposta hanno dimostrato di voler essere parte attiva della politica. Loro hanno chiesto una politica diversa, non hanno detto che non la vogliono affatto. Secondo: la giustizia. Qui vale lo stesso discorso. Dicono di me che sono un giustizialista. Io difendo l’indipendenza della Magistratura come Istituzione dello Stato. E pretendo il rispetto delle regole che devono valere per tutti, senza alcuna distinzione, soprattutto per quanto riguarda i politici coinvolti in fatti penali. Questo vuol dire essere giustizialista?

Nel suo programma propone un’integrazione tra università e imprese, è favorevole quindi a finanziamenti privati per gli atenei?
Purché fatti nella massima trasparenza come avviene in tanti altri Paesi. E siano veramente funzionali alle attività degli Atenei e alla formazione dei giovani.

Perché se servono soldi per placare gli animi degli autotrasportatori in sciopero si sceglie di prenderli dai fondi destinati alla ricerca, come è avvenuto lo scorso dicembre?
È stato senz’altro un errore ed io non ho mancato di far sentire la mia voce in sede di consiglio dei ministri. Su questo punto è chiaro che dobbiamo anche superare una condizione in cui spesso il Paese è vittima di alcune associazioni di categoria che, per protestare, spesso creano gravi disagi alla popolazione. Una situazione di debolezza che l’Italia non può più permettersi. Io sono per il dialogo con tutti e sono per la disponibilità alla comprensione delle problematiche ma senza che queste siano accompagnate da ricatti attraverso forme estreme di protesta.
Per ultimo, la ricerca. Dobbiamo investire molto in questo campo. Anche per frenare l’emorragia di “cervelli” italiani che continuano ad andare all’estero dopo la laurea; e creare le condizioni affinché molti di essi possano rientrare.

Com’è l’università, e più in generale il sistema della formazione, che L’Italia dei Valori immagina?
Quello che proponiamo noi è un sistema, per quanto riguarda l’università e l’informazione, in cui ci siano interessi sani che vadano a beneficio di tutti. Le università devono funzionare bene e godere di tutti i supporti necessari. Devono essere, inoltre, accessibili a tutti senza discriminazione. Per quanto riguarda l’informazione noi dell’Italia dei Valori vogliamo che essa sia indipendente e libera. Anche per questo diciamo basta con i finanziamenti ai giornali dei partiti per i quali i contribuenti pagano un bel po’ di soldi. Quei soldi che noi pensiamo possano essere impiegati per far funzionare, per esempio, più e meglio le forze dell’ordine e la stessa Università. Ma come sempre queste sono responsabilità che si deve assumere la politica. Sappiamo bene quali sono le carenze e che cosa bisogna fare. Smettiamola di parlare e passiamo ai fatti.

Qual è il messaggio elettorale che rivolgerebbe ai giovani elettori?
È quello di dare un voto alle facce, vale a dire alle persone, alla loro storia e a quanto potranno fare per la società. La croce su un simbolo non può essere solo una espressione di un diritto senza che a monte vi sia stata una fase di informazione. Bisogna conoscere e poi convintamene esprimere la propria preferenza. E un voto, qualunque esso sia, non è mai perso o inutile, come qualcuno dice.

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