Per diventare Infermieri bisogna sapere, saper fare e saper essere

Orietta Petrignani, Infermiera Case Manager, Asl Roma 2

Secondo lei quali sono le conoscenze e capacità di entrata necessarie per lo studio di Infermieristica?

La prima competenza è l’essere empatici, è una caratteristica fondamentale che non si acquisisce sui libri di scuola, una caratteristica che si dovrebbe sentire.

Fare l’infermiera è un’arte, perché permette di esprimerti a pieno; è una professione di cura, ma è anche tanto ciò che ti torna indietro. Non parlo di vocazione perché è semplicistico, bensì di una predisposizione verso l’altro; ti prendi cura del paziente, ma il paziente si prende cura di te, riconoscendoti. 

Come ha iniziato il suo percorso formativo-professionale?

Frequentai la scuola in Croce Rossa e poi feci il concorso pubblico presso il CTO, Sant’Eugenio. Per 23 anni ho scelto di lavorare in pronto soccorso, luogo “unico” dove puoi mettere in atto tutte le competenze, occupandoti ed esprimendoti in ogni aspetto. 

Durante i tirocini di studio, di tutti i reparti ospedalieri, il pronto soccorso è sempre stato quello che mi attraeva di più, che sentivo più affine alla mia “arte”. Il bello di questo percorso professionale è che per “essere” infermiera svolgi i tirocini in diversi ambienti e, quindi puoi scegliere l’ambiente che senti più vicino. 

Ha sempre desiderato “essere” infermiera?

Il primo sogno era l’insegnante per l’asilo nido, l’infermiera era la mia seconda opzione, che poi l’infermiera è anche un po’ insegnante, perché fa molto prevenzione, attraverso l’educazione sanitaria, branca che si sta sviluppando molto in questi ultimi anni.

Quando decisi di iscrivermi al corso di Infermieristica, dopo un’esperienza negli asili nido, ero già sposata e avevo un bambino (al terzo anno di studi, rimasti incinta di mia figlia), solo una grande passione e determinazione mi hanno permesso di andare avanti. Noi, come infermieri, facciamo molta formazione e abbiamo un rapporto costante con il paziente di cura e fiducia reciproca.

In tutti gli anni della mia carriera, il riferimento del paziente rimane l’infermiere. È a te che chiede, che cosa deve fare; una delle richieste più frequente è: “mi dice in maniera semplice che cosa devo fare?” Anche questa è educazione sanitaria, ossia, sapere comunicare. Inoltre, come ogni professione codificata, svolgiamo corsi di aggiornamento durante l’anno. Per anni sono stata infermiera volontaria della Croce Rossa.

Attualmente lei è infermiera case – manager e sta seguendo in particolare il progetto “Curare con cura” rivolto ai bambini e adolescenti disabili presso l’Asl Roma 2. Ci può spiegare brevemente di che cosa si occupa questa nuova figura tecnico-manageriale?

Dopo tanti anni in pronto soccorso, nonostante l’impegno e la dedizione che non sono mai venuti meno nello svolgimento del lavoro, ho sentito il rischio del burn out, così ho iniziato a fare corsi di perfezionamento in altri settori, tra cui il corso in Management infermieristico. Si tratta, come lei ha detto, di una nuova figura manageriale il cui compito primario è quello di gestire le risorse dell’azienda ospedaliera al meglio per la cura dei pazienti, presi in carico. In questo modo, l’azienda sa come indirizzare il paziente senza disperdere i costi e facilitando il percorso medico-sanitario al paziente.

Tutte le aziende ospedaliere puntano sul management infermieristico, tanto è, che alcune aziende svolgono corsi interni, con una parte teorica e pratica. Una figura ancora non riconosciuta dal punto di vista economico.

Un ruolo di ampia responsabilità. Quali sono i suoi principali compiti?

Le mansioni sono molto varie. Compito mio è quello di prendere contatti con la rete esterna, così da stabilire una rete che riduca i tempi di attesa per il paziente e con meno costi per l’azienda, considerando le necessità del paziente stesso.

Nel caso del progetto “Curare con cura”, per il quale sono collaboratrice infermiera case manager, alcuni pazienti hanno bisogno di interventi sanitari con sedazione, per esempio la visita odontoiatrica.

La mia esperienza “multiforme” in pronto soccorso ha sviluppato in me, una profonda capacità di problem solving in tempi rapidi, così come il consolidamento di una rete importanti di contatti, e questo facilita le decisioni e l’operatività, pur nella complessità della gestione.

Le faccio un esempio di collaborazione e di attivazione di contatti. Sapendo che all’Ospedale San Camillo di Roma è in atto un progetto affine a “Curare con cura”, li ho chiamati per attivare una sinergia. Occupandomi di ragazzi disabili ho inoltre contatti con case famiglie, con i distretti dei servizi disabili adulti e, a volte, il lavoro, sfocia nel sociale. Da gennaio 2019 ho introdotto 450 studenti. Come vede il circolo si apre, si chiude e si riapre. Nel mio caso, tutto è iniziato dal pronto soccorso.

Una parola di augurio alle future matricole?

Mantenere sempre la voglia di fare arte infermieristica. L’arte di mettersi nei panni dell’altro e saper tornare nei propri.

Se inizi a fare l’infermiera/infermiere devi continuare ad esserlo. Durante il mio corso di studio ho appreso un concetto che rispecchia in pieno la nostra professione: “Sapere, saper fare, saper essere”. Io ci credo, è una bellissima professione. Ho faticato tanto per arrivare fin qui. Mantengo la concretezza della persona matura e lo spirito guida che non ha età e ti permette di rinnovare la vocazione ogni giorno. Questo è il mio augurio.

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