Una studentessa ogni cinque studenti nell’ateneo più famoso del Paese. E anche negli altri istituti la non-parità è la regola. Che si comincia a insegnare alle bambine
La Finlandia è un Paese avanzato. Certo. Ma basta questo per aprire all’«altra metà del cielo» — così Mao definiva le donne in una Cina che stava provando a uscire dal feudalesimo — le porte della piena uguaglianza? Quando pensiamo a una nazione dove il ruolo femminile ancora insegue la parità, in genere gli attribuiamo diversi gradi di «arretratezza». A buon diritto. Ma non basta a spiegare perché in certe parti del mondo, a dispetto della modernità di una società, le donne ancora arranchino. Per esempio, il Giappone: nessuno può contestare i traguardi raggiunti se non dall’apertura iniziata nell’Ottocento con la rivoluzione Meiji, foriera soprattutto di militarismo, almeno dal secondo dopoguerra.
Il Sol Levante, rimessosi in piedi dopo la catastrofe, è diventato una delle maggiori potenze industriali, una società che si è proiettata nel futuro inaugurando — tanto per fare qualche esempio — sin dagli anni Sessanta del secolo scorso, le prime linee ferroviarie ad alta velocità, lo sfruttamento su larga scala dell’energia atomica o la robotica. Tutti campi, e includiamo anche la medicina moderna, nei quali è importante la qualità dell’istruzione, della ricerca. E dunque sarebbe lecito attendersi che nelle (prestigiose ed esclusive) università giapponesi la presenza di maschi e femmine fosse paritaria. E invece non è così, come rileva il New York Times in un servizio che sciorina fior di statistiche. Nell’ateneo più famoso dell’arcipelago, la Tokyo University, meglio nota come Toda, c’è una studentessa ogni cinque studenti. Ovvero: solo il 20% degli iscritti è di sesso femminile, quando è noto che in natura nascono sempre più donne. Perché?
La risposta ha a che fare con il mondo del non detto, di un sentire implicito, più che a regole di derivazione religiosa. E il non detto, perdonate il bisticcio, dice che una donna, se vuole trovare marito, deve stare attenta a non «esagerare» nell’istruzione (o nel reddito). Perché una possibile consorte non deve in alcun modo mettere in ombra il promesso sposo. Mettiamo pure da parte il caso dell’attuale imperatrice Masako, costretta dalle regole di Corte a lasciare la sua carriera di diplomatica al momento del matrimonio con Akihito. Il punto è che in Giappone anche la casalinga di Sapporo, remota cittadina del Nord, deve sapere stare al suo posto, non deve saperne di più dell’uomo che le sta al fianco. Perciò alle bambine si insegna a «frenare», a partire dalla scuola: una perversione.
corriere.it
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