La Prima Conferenza Nazionale sulla Ricerca Sanitaria a Cernobbio (8-9 novembre 2010), è stata ideata con l’obiettivo svolgere un dibattito approfondito sulle linee di sviluppo della Ricerca Sanitaria in Italia che veda coinvolti tutti gli attori del settore (Ministero della Salute, Ricercatori, IRCCS, ISS, Istituti ed enti di ricerca, CNR, MIUR, Università, Imprese farmaceutiche e di Medical devices, Venture capital) e di mettere a loro disposizione strumenti e momenti dedicati che facilitino la nascita di partnership e collaborazioni.
Inoltre, la manifestazione è stata occasione per presentare al mondo della ricerca italiana il network della Ricerca sanitaria, denominato Italian Network Health Research, realizzato dal Ministero e dedicato ai ricercatori italiani operanti all’estero con lo scopo di rafforzarne le collaborazioni ed i legami con il Sistema Italia e facilitarne eventuali percorsi di ritorno.
Quasi la metà dei ricercatori biomedicali italiani che sono andati all’estero per lavorare, esattamente il 45%, si sono recati negli Stati Uniti ma ad attrarre è anche il Regno Unito con il 15% delle preferenze dei cervelli del Bel Paese. Il quadro arriva dalla prima conferenza nazionale sulla ricerca sanitaria durante la quale sono stati presentati i primi dati su 245 ricercatori iscritti all’anagrafe che li conta nel mondo. Subito dopo Usa e Regno Unito gli italiani hanno scelto nel 9% dei casi il Canada ed altrettanti il Brasile, segue la Svezia con l’8%, la Francia con il 4% e Spagna, Giappone, Germania, Belgio e Austria rispettivamente con il 2%. I cervelli italiani all’estero sono nel 37% dei casi fra i 30 e i 40 anni e nel 33% dei casi tra i 40 e i 50 anni. Solo una fascia molto più piccola, il 26%, ha fra i 50 e i 60 anni ed un esiguo 4% ha superato i 60.
Dunque dati che confermano la forte presenza di studiosi italiani oltreconfine e la “fuga” di capitali di risorse umane, poiché la maggior parte dei ricercatori che lavorano all’estero hanno conseguito almeno il diploma di laurea in Italia. Tuttavia, come dichiarano esperti del settore, la migrazione scientifica è un dato ricorrente in molti paesi, l’elemento preoccupante in Italia è la non specularità del flusso migratorio. V
ale a dire studiosi stranieri “in entrata” nel nostro paese corrispondono ad un numero veramente esiguo. La mobilità internazionale arricchisce una nazionale se ha un andamento bidirezionale convertendosi in vero volano di scambio culturale e scientifico.
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