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Ricercatore di laboratorio, medico ospedaliero o specialista libero professionista, medico di famiglia, funzionario o manager: un medico oggi può essere tutte queste cose. E, comunque, deve affrontare sfide e problemi sempre nuovi e sconosciuti ai suoi predecessori, dagli importanti risvolti sociali, economici e psicologici.
La figura del medico, oggigiorno ancor più che in passato, riveste un ruolo di inestimabile importanza e l’attività professionale medica, in buona sostanza, presenta tante sfaccettature diverse. Un aspetto centrale per chi “studia” per diventare medico è quello della dimensione “umana”: accanto all’indispensabile formazione scientifico/sanitaria che si apprende nelle aule universitarie, nei laboratori di ricerca e nei reparti ospedalieri, occorre innanzitutto “sentirsi” medico, cioè tenere in massima considerazione i pazienti, il cui soddisfacimento rappresenta l’interesse primario al quale l’intero servizio sanitario è finalizzato.
La tutela della salute del proprio paziente è il bene assoluto e, per raggiungere questo obiettivo, il bravo professionista non potrà sottovalutare alcuni aspetti, legati sì alla professionalità, ma anche e soprattutto alla dimensione morale, dove fondamentale è il lato umano. Il livello di preparazione continua a essere il parametro più valido che contraddistingue un buon medico, ma è auspicabile che la diagnosi sia sempre accurata e che s’instauri il rapporto di fiducia tra medico e paziente, elementi essenziali in quanto la medicina non è fatta solo di farmaci e di ricette per prescriverli.
Senza voler ricorrere allo stereotipo del medico condotto di qualche anno fa, che racchiudeva le doti e le virtù di molteplici figure professionali fino a rappresentare un vero e proprio punto di riferimento per l’intera collettività, bisogna tuttavia sottolineare l’importanza dell’approccio del medico nei confronti del proprio paziente. Non vi è più alcun dubbio, come la stessa letteratura scientifica ha più volte evidenziato, sull’utilità e sugli enormi benefici apportati a una relazione medico-paziente che si basi su fiducia, confidenza e familiarità: tre solidi pilastri su cui costruire questo delicato rapporto.
La pratica medica, dunque, deve evitare il rischio di essere considerata soltanto una professione. In essa, professione, vocazione e missione si incontrano e si fondono. Tutti devono sforzarsi, e con tutti i mezzi a disposizione, di onorare senza retorica il vecchio concetto secondo cui il medico esercita una missione. Ed è in questa direzione che deve svilupparsi una sorta di dicotomia tra la mentalità del dirigente e quella del paziente-utente: uno scambio tra richieste di prestazioni e offerta di servizi qualificati, al solo fine di tutelare il bene più prezioso, vale a dire la salute.
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