Lodo Guenzi e l’alternanza: “Lavoro gratuito è sfruttamento, li mandiamo lì senza sicurezza”

Il cantante e compositore: “I ragazzi scendono in piazza mentre noi trentenni discutiamo di linguaggio”

Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale oggi in un’intervista rilasciata a La Stampa critica l’alternanza scuola-lavoro e applaude gli studenti che vanno in piazza. Guenzi contesta prima di tutto l’alternanza come “orientamento alla vita”, definizione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi: “Sembra una frase come quella che si legge ogni tanto nelle biografie di Facebook: “Ho studiato all’università della vita”. Non complicherei il pane: questo è un raro caso di questione semplice. Se uno produce un oggetto che ha una validità commerciale e non viene pagato, allora è stato sfruttato”.

Guenzi spiega che anche lui ha fatto lavoretti: “Quando facevo l’accademia, mi succedeva di andare a fare le luci per i concerti, ma avevo 20 anni, non 16. Non voglio dire che farlo a 16 anni sia un male in assoluto, ma di certo ribalta il paradigma: siccome il mondo del lavoro è chiuso e non funziona, proviamo ad aderire alle sue esigenze malate e consentiamogli di sfruttare manodopera con la scusa di costruire un ponte tra aziende e istituti professionali”. E poi: “Sarà utopistico, ma io penso che gli studenti debbano avere la libertà di sperimentare e studiare, di arrivare su un mercato che sia pronto e disponibile ad accoglierli e formarli per quello che sono: ragazzi alle prime armi. Invece non solo non facciamo questo: noi spediamo dei ragazzini a lavorare gratis dove non ci sono protocolli di sicurezza adeguati”.

Il lavoro generazionale

Infine Guenzi loda i ragazzi che scendono in piazza: “Noi trentenni stiamo ancora discutendo di questioni fondamentalmente borghesi, mentre questi ragazzi stanno combattendo una battaglia di sinistra, ma di sinistra intesa in senso europeo e non americano. Combattono per chi ha meno. Noi, invece, dibattiamo di linguaggio, pensando davvero che modifichi la realtà, che è un’idea cristiana, e discende da un’impostazione teologica (quanto siamo reazionari, eh?): non ci occupiamo dei rapporti di forza della realtà che cambiano le parole. Grazie al cielo, lo fanno loro, piccoli già grandi”.

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