Un videogame che è in grado di svelare se il giocatore comincia a manifestare i primi, impercettibili sintomi del morbo di Alzheimer. Il gioco, si chiama “Sea Hero Quest” ed è stato progettato proprio per questo scopo da un gruppo internazionale di ricercatori. Fra loro ci sono gli inglesi dell’Alzheimer’s Research UK, University College London (UCL), University of East Anglia (UEA), francesi del Conseil National de la Research Scientifique (CNRS) Laboratoire des sciences du numèrique di Nantes e i tedeschi della Deutsche Telekom che ne hanno curato la realizzazione. In un articolo pubblicato sulla rivista Plos One, i ricercatori hanno infatti spiegato di essere riusciti a individuare una serie di segnali, o meglio di comportamenti che potevano essere rilevatori di una serie di problemi collegati all’insorgenza di una forma di demenza. Per farlo hanno collezionato una quantità enorme di dati che sono stati resi disponibili dalla platea di oltre 4,3 milioni di utenti che hanno scaricato l’app del gioco e si sono divertiti a navigare tra labirinti di iceberg ed isole remote. E tutto questo materiale in futuro potrà essere utile per individuare nuove terapie.
a scelta del gioco non è stata affatto causale. La valutazione della capacità di orientamento nello spazio è infatti un ottimo campanello di allarme per poter comprendere l’insorgenza di eventuali problemi cognitivi. “L’attuale diagnosi di demenza è fortemente basata sull’analisi dei sintomi legati alla perdita della memoria, che però insorgono quando la malattia è abbastanza avanzata, ha spiegato il principale autore della ricerca Michael Hornberger, della Norwich Medical School della UEA. “Negli ultimi anni è stato dimostrato che l’orientamento spaziale è una delle prime abilità cognitive a essere affetto dal morbo di Alzheimer, prima della comparsa di altri sintomi come la perdita di memoria” ha spiegato Antoine Coutrot del CNRS.
“Il videogioco – ha aggiunto il ricercatore francese – è stato progettato con l’obiettivo a lungo termine di creare un database mondiale di diverse strategie di orientamento spaziale. Questo database è destinato a essere utilizzato come strumento per aiutare la diagnosi precoce del morbo di Alzheimer”. Proprio per questo i ricercatori hanno misurato questo tipo di parametri e le performance dei diversi giocatori. Mentre gli utenti giocavano tranquillamente e cercavano di raggiungere i loro obiettivi, ogni 0,5 secondi, l’app raccoglieva dati utili sotto il profilo scientifico. I dati raccolti dall’app Sea Hero Quest sono fondamentali per la ricerca, perchè ogni due minuti trascorsi a giocare è pari a cinque ore di ricerca basata sul laboratorio. E avere tre milioni di giocatori equivale globalmente a più di 1.700 anni di ricerche di laboratorio. Secondo i ricercatori, le strategie utilizzate per raggiungere le diverse missioni del gioco rappresentano l’equivalente di 10.000 anni di dati raccolti nei laboratori utilizzando metodi di sperimentazione tradizionali.
Il team ha studiato i dati di gioco presi da 27.108 giocatori del Regno Unito di età compresa tra 50-75 anni – il gruppo di età più a rischio di sviluppare l’Alzheimer nei dieci anni successivi. Poi, i ricercatori hanno confrontato i risultati ottenuti da questa prima analisi con quelli di un campione molto più ristretto di pazienti – appena 60 persone – tra le quali alcune (31) portatori di una mutazione al gene APOE4 che si ritiene essere collegata ad un maggior rischio di Alzhemer. Dal riscontro dei dati è emerso che proprio all’interno di questo gruppo, “Abbiamo scoperto che le persone con un alto rischio genetico, i portatori della mutazione, hanno ottenuto risultati peggiori nelle attività di navigazione spaziale, adottando percorsi meno efficienti per raggiungere gli obiettivi. Si tratta di un dato molto importante perchè sono persone senza problemi di memoria”. Nei pazienti non portatori della mutazione non si è invece verificata alcuna variazione negli schemi di gioco rispetto al campione più ampio. Si tratta di un risultato importante per la diagnosi precoce dell’Alzheimer.
“Sentiamo spesso storie avvincenti su persone con demenza che si perdono e non riescono a trovare la strada di casa e sappiamo che le difficoltà di navigazione spaziale come queste sono solo alcuni dei primi segnali di allarme la condizione – ha spiegato Hilary Evans, Chief Executive di Alzheimer’s Research UK – e ora la ricerca ci mostra che i cambiamenti cerebrali associati a malattie come l’Alzheimer iniziano decenni prima che i sintomi come la perdita della memoria inizino e che i futuri trattamenti dell’Alzheimer siano efficaci, è probabile che debbano essere somministrati alle prime fasi della malattia, prima che ci sia troppo danno cervello”.
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