Plutone è made in Italy: o almeno lo sono le straordinarie immagini che sta trasmettendo, in questi giorni, la sonda spaziale New Horizons. Lo strumento con cui sono state scattate queste foto, infatti, uno spettrografo ad altissima precisione, è stato elaborato e messo a punto da una ricercatrice italiana, Cristina Dalle Ore.
La scienziata trevigiana, oggi impiegata al Carl Sagan Center e al SETI Institute e all’Ames Research Center della NASA, ha raccontato la sua storia, l’emozione delle prime immagini, le possibilità di sviluppo che si aprono con i dati provenienti dal “suo” spettrografo al blog Italiani di frontiera in una intervista che riportiamo di seguito:
Perchè è così importante questa missione?
“Perchè spinge i confini della nostra specie ai bordi del sistema solare. Perchè sarà di ispirazione per le nuove generazioni a continuare a espandere l’orizzonte della nostra conoscenza verso nuove mete sempre più lontane. Perché unisce l’umanità nell’entusiasmo della scoperta e in questo rivela la parte migliore del genere umano. E più praticamente perché spinge i limiti della tecnologia motivando nuovi studi”.
Quando avete iniziato questo lavoro mirando a Plutone?
“La missione è stata approvata nel Novembre 2001, dopo anni di tentativi”.
Quale è stato il tuo ruolo?
“Il mio coinvolgimento vero e proprio è incominciato recentemente con l’arrivo dei primi dati spettroscopici e sta velocemente prendendo importanza, mano a mano che i dati ci arrivano con risoluzione spaziale sempre più alta. Sono una collaboratrice del gruppo che studia la composizione delle superfici di Plutone e delle sue lune. Il mio ruolo è analogo a quello di ‘detective-archeologa’, attraverso lo studio delle immagini ‘hyperspectral’. Queste sono immagini in cui ogni pixel ha uno spettro, cioè la rappresentazione della luce riflessa a 256 lunghezze d’onda diverse dall’area di Plutone coperta dal pixel. Immagina un arcobaleno con 256 colori invece dei soliti 6. L’intensità dei colori è come l’impronta digitale della superficie e da quella riusciamo a risalire alla composizione e indirettamente alla storia della superficie stessa. Sono parte di un piccolo gruppo di scienziati (tre) e ognuno di noi applica tecniche analitiche diverse che poi confrontiamo per assicurarci che i risultati siano accurati”.
Quali sono le metodologie più avanzate utilizzate nel tuo lavoro?
“Il mio approccio analitico utilizza tecniche di classificazione che vengono comunemente usate per l’analisi di ‘big data’ e che permettono di fare un’analisi oggettiva dei dati. Il risultato della classificazione viene poi interpretato con l’aiuto dei dati geografici e confrontato con I risultati indipendenti dei miei due colleghi di cui ti parlavo nel mio messaggio precedente”.
Il momento più difficile?
“Fino ad ora è stato lunedì scorso, quando i primi dati interessanti sono arrivati e non riuscivo a stare nella pelle dalla voglia di analizzarli e capire il loro significato. Allo stesso tempo è stata una delle giornate più’ eccitanti della mia carriera. :-)”.
Cosa vi aspettate in futuro?
“Prossimamente (nei prossimi mesi): dati a maggiore risoluzione geografica che ci diranno in dettaglio che materiali compongono le diverse parti di Plutone e di Caronte. A lungo termine: nuove missioni verso altre parti del sistema solare e magari anche al di fuori, a seconda di quanto lontano nel futuro ci vogliamo riferire”.
Qui sotto alcune delle straordinarie immagini di Plutone inviate da New Horizons:
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