Un gruppo di biologi dell’Università Statale di Milano, ateneo in stretta sinergia con la direzione generale sanità della Regione Lombardia, ha messo a punto un prototipo di auricolare (le cuffiette per ascoltare la musica) che riduce drasticamente le emissioni elettromagnetiche, anche fino all’80% in meno rispetto alle cuffie attualmente in commercio.
Lo studio, che ora ha anche portato al deposito del relativo brevetto, è stato condotto dal gruppo di Michele Mazzanti, professore di fisiologia del Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie della Statale. Le onde elettromagnetiche possono arrivare da diverse fonti: due esempi sono gli impianti per le trasmissioni radio-televisive e quelli per la telefonia mobile.
In particolare, gli scienziati della Statale hanno potuto confermare che c’è una interazione tra le onde elettromagnetiche generate dagli auricolari e alcune strutture biologiche vicine all’orecchio. “Nella sperimentazione associata alla scoperta, condotta sia su sistemi cellulari (in vitro) che su soggetti umani volontari (in vivo) – spiegano dall’ateneo – i ricercatori hanno messo in luce che, oltre a un’interazione a livello cellulare, il campo elettromagnetico prodotto dagli auricolari interferisce con i meccanismi della memoria a breve termine e con la memoria di lavoro”. Più nel dettaglio, “la misurazione dei campi elettromagnetici in auricolari ad altissima diffusione – spiegano i ricercatori – ha portato alla scoperta che la maggior parte di essi emette campi elettromagnetici nelle bassissime e basse frequenze che hanno potenze tra i 50 e i 150 microTesla. È stato dimostrato che a questi livelli di emissione le onde elettromagnetiche sono in grado di interagire con i tessuti biologici”.
Inoltre, lo sviluppo di auricolari sempre più adattabili e “comodi” per l’orecchio umano “ha portato un avvicinamento notevole tra il generatore di onde elettromagnetiche e il sistema di traduzione del segnale sonoro – proseguono – cioè le cellule nervose dell’orecchio interno. Se da un lato la riproduzione sonora ne ha guadagnato in qualità, questa vicinanza, dovuta a design
sempre più sofisticati, costituisce sicuramente un fattore di rischio che si amplifica nel caso di utenti giovani in cui le distanze anatomiche sono minori.
Misurando l’emissione di onde elettromagnetiche generata da alcuni auricolari commerciali, i ricercatori – conclude l’università – hanno verificato che a volumi di riproduzione di suoni volutamente elevati (qualche decina di decibel) l’emissione elettromagnetica, compresa tra 0 e 1 centimetro dalla membrana dell’auricolare, risultava in alcuni casi con picchi superiori a 200 microTesla”: ovvero, da una a quattro volte la quantità di onde che sono in grado di interagire con i tessuti biologici.
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