Cyberbullismo e disturbi alimentari, Nuzzo e Caporossi: “Comunicare sia ai giovani che agli adulti che ci sono contenuti nei social che vanno evitati”

“L’Italia è ancora indietro rispetto Stati Uniti o altri paesi ma qualcosa si sta muovendo anche nella scuola”, dichiara Nuzzo a Corriereuniv.it

“C’è necessità di ssere consapevoli delle conseguenze dei social media sui giovani che purtroppo vengono ancora percepiti da alcuni come qualcosa di virtuale mentre le conseguenze si vedono tutti i giorni – dichiara a Corriereuniv.it Andrea Nuzzo, fondatore della pagina “Sii come Bill” e tra gli animatori del Movimento Etico Digitale -. Bisogna comunicare sia ai giovani ma anche agli adulti, professori e istituzioni, che si possono utilizzare per risvegliare una consapevolezza che fa la differenza. In Italia non siamo ancora a livello degli Stati Uniti e di molti paesi europei ma qualcosa si sta muovendo, non tutti i professori sono attivi sulla consapevolezza digitale ma sempre di più di anno in anno si muove. Ovviamente l’obiettivo, anche nostro del Movimento Etico Digitale è quello di arrivare alle istituzioni e far capire anche a loro che è necessario di inserire delle ore obbligatorie, che non vengano percepite dagli studenti come un tappabuchi, ma semplicemente come un qualcosa di necessario che può cambiare la loro vita. Come movimento facciamo una serie di campagne di sensibilizzazione a seconda del periodo, andiamo mensilmente nelle scuole, anche attraverso delle live su Twitch utilizzando gli strumenti familiari ai giovani per diffondere consapevolezza”.

“Ogni volta che parliamo di disturbi alimentari e di salute mentale sui social media l’importante è l’impatto che una certa comunicazione fa sulle persone che ricevono quel contenuto – dichiara a Corriereuniv.it Aurora Caporossi, influencer e presidente di Animenta -. Sicuramente evitare tutti quei post che le persone fanno per farsi auto-diagnosi come i post che iniziano con ‘soffri di un disturbo alimentare se…’, cerchiamo di capire se quel post possa aiutare una persona a chiedere aiuto. Non esiste un’unica storia valida per raccontare una problematica alimentare o un disturbo alimentare, riuscire a portare sui social media una narrazione più ampia è sicuramente fondamentale per il fine ultimo con cui noi facciamo questo tipo di comunicazione: ovvero portare i ragazzi e le ragazze a chiedere aiuto. Per informarsi bisogna anche informarsi oltre i social con i libri ad esempio e poi praticare l’unfollow togliendo il follow se un contenuto ci sta facendo male”.

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