Nata con l’obiettivo di sostenere la competitività tecnologica italiana, la Fondazione COTEC annovera tra le sue priorità la diffusione della cultura dell’innovazione. Ed è proprio in quest’ottica che venerdì 27 giugno si svolgerà a Napoli il IV Symposium COTEC Europa, incontro delle organizzazioni nazionali per l’innovazione tecnologica COTEC di Italia, Spagna e Portogallo. All’appuntamento, che sarà ospitato dal Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, Presidente Onorario della COTEC Italia, parteciperanno Sua Maestà il Re di Spagna, Juan Carlos I ed il Presidente del Portogallo Aníbal António Cavaco Silva, in qualità di Presidenti Onorari della Fundación COTEC España e della Associação COTEC Portugal.
Riccardo Viale, direttore generale e consigliere delegato della Fondazione Cotec, ci parla della situazione italiana a pochi giorni dal convegno.
Professore, qual è lo stato di salute del sistema innovativo italiano?
Come si evince dal Rapporto 2008 sull’Innovazione della Cotec lo stato di salute è di un malato acuto che rischia di diventare cronico. Se non riescono in tempi brevi ad eliminare le varie discrasie che vanno dalla insufficienza del capitale umano allo scarso accesso al credito bancario ad un finanziamento pubblico della ricerca che ci pone agli ultimi posti delle classifiche OCSE, le possibilità di un recupero futuro tenderanno ad essere sempre più difficili.
Che ruolo hanno oggi le nostre università nella ricerca pubblica? C’è ragione di pensare che gli atenei dovrebbero “allearsi” con i privati per avere maggiori risorse e quindi maggiori risultati?
Le università hanno un ruolo crescente nel sistema dell’innovazione nazionale e regionale. Bisogna però sfatare il mito che vede nel trasferimento di conoscenza brevettuale o nella creazione degli spin-off il principale obiettivo della collaborazione fra università ed impresa.
Da una ricerca fatta recentemente dal MIT si è constatato che questo tipo di attività copre solo il 7% del trasferimento tecnologico.
La collaborazione con l’università che risulta più utile con le imprese deriva soprattutto dal “transfer by head” cioè da tutte quelle forme di interazione faccia a faccia fra ricercatori accademici e industriali, come il distacco di universitari presso laboratori industriali, le consulenze, i seminari, i colloqui ecc. ecc.
Il 27 giugno si terrà a Napoli il IV Symposium Cotec Europa. Quali sono le priorità di cui discuterete con i rappresentati del Cotec Spagna e Portogallo?
Nel IV Symposium Cotec alla presenza dei Capi di Stato di Italia, Spagna e Portogallo e del Presidente della Commissione Europea si discuteranno quattro temi:
– come utilizzare i fondi strutturali per il sostegno all’innovazione delle regioni depresse d’Europa;
– come individuare indicatori dell’innovazione non tecnologica che mettano in luce i punti di forza a livello industriale delle nazioni del Sud Europa;
– la sfida dei paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) alla capacità innovativa dell’industria europea;
– la sostenibilità ambientale come vincolo per lo sviluppo dell’industria europea e quindi come occasione per l’innovazione tecnologica.
Crede che esiste ancora qualche reticenza nel nostro Paese nell’investire nell’innovazione?
Sì, nel nostro Paese c’è una bassa propensione a rischiare in attività innovativa legata alle alte e medio-alte tecnologie. Ciò ha senz’altro una ragione di carattere culturale. Scarsa consapevolezza dell’opportunità che la tecnologia può offrire al successo di un progetto industriale, ma anche ostacoli che vengono dal mondo bancario come dalla pubblica amministrazione per favorire il “turn over” di imprese ad alta tecnologia.
Infine una psicologia e un’etica del fallimento che lo accomuna alla “morte civile”.
Quali potrebbero essere, in sintesi, le soluzioni per un’accelerazione dello sviluppo tecnologico in Italia?
Creare un sistema concorrenziale delle università italiane con un sistema di valutazione che premi in maniera pesante a livello economico l’eccellenza nel campo scientifico e tecnologico; un sistema del credito aperto alle imprese della knowledge economy; un federalismo fiscale serio che permetta alle regioni del Nord di investire risorse che producono nelle infrastrutture della conoscenza, in modo da non far perdere all’Italia il collegamento con le principali regioni sviluppate del mondo; infine come si evince dal Libro Verde sull’Innovazione della Cotec l’utilizzo della leva del “public procurement” orientato verso l’innovazione ed un coordinamento forte a livello di governo dei fondi europei a favore dei processi innovativi.
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