Le laureate italiane guadagnano meno dei loro colleghi maschi

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Giovani, brillanti, ma destinate a guadagnare meno dei loro colleghi maschi. Questo il profilo delle laureate italiane tracciato da Almalaurea e anticipato dal quotidiano La Repubblica.

L’indagine, condotta sui profili di 210 mila ex studentesse, ha mostrato come, a cinque anni dal conseguimento del titolo, le ragazze che sono riuscite a trovare un impiego guadagnino in media uno stipendio da 1.333 euro mensili, il 22% in meno rispetto ai loro colleghi uomini che portano a casa una busta paga da 1.626 euro al mese.

Una situazione allarmante, a maggior ragione se si osserva la tendenza del fenomeno: ad un anno dalla laurea, infatti, le differenze tra i guadagni tra laureate e laureati non sono così marcate (le prime percepiscono 1.098 euro, i secondi 1.254 per gli uomini, per un differenziale pari al 14%). Lo scarto aumenta nel tempo, a tre e a cinque anni dal conseguimento del titolo, segnale di come gli ambienti lavorativi offrano meno possibilità di crescita alle donne piuttosto che agli uomini.

“Un segnale di un forte arretramento culturale e civile del Paese rispetto all’obiettivo di realizzare una partecipazione paritaria delle donne al mercato del lavoro – ha commentato il professor Andrea Cammelli, direttore e fondatore del consorzio Almalaurea – tale arretramento contribuisce a svalutare gli investimenti nell’istruzione universitaria femminile”.

Ma le differenze non si limitano semplicemente ai guadagni: il fenomeno della disoccupazione, infatti, colpisce con maggiore impatto le lavoratrici che i lavoratori: ad un anno dalla laurea, solo il 31% delle ragazze riesce a trovare un posto stabile solo, mentre i ragazzi arrivano al 39%. Se poi a cinque anni dalla laurea, il 79% dei maschi riesce a stipulare un contratto di lavoro stabile; per le donne, solo i 2/3 dei profili vagliati da Almalaurea può vantare la stessa condizione.

Infine la delicata questione della maternità: le trentenni, a cinque anni dalla laurea, che hanno almeno un figlio hanno un tasso di occupazione pari al 63,5 per cento, mentre i loro coetanei con figli sono occupati per l’89 per cento. Un dato che trova ulteriore riscontro nel confronto tra donne laureate ed occupate con almeno un figlio a carico e ragazze che, per diverse ragioni, non hanno bambini/e: per le prime il tasso di occupazione a cinque anni dalla laurea è pari al 63%, le seconde, invece, hanno un impiego stabile nel 76% dei casi esaminati. Statistiche che confermano come la maternità, in Italia, venga ancora percepita come una discriminante in ambito lavorativo.

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