Facoltà per facoltà, una panoramica sul “futuro che ti aspetta”: un utile vademecum per affrontare al meglio la scelta del percorso universitario. Nella nostra Guida in edicola troverete inoltre: tutti i corsi di laurea, le città dove studiare, gli obiettivi formativi, gli sbocchi occupazionali e i profili preferiti dalle aziende.
“Come credo non ci siano persone che s’iscrivono a Filosofia per fare il filosofo… allo stesso modo chi s’iscrive a Sociologia non deve pensare di diventare sociologo, nel senso del pensatore che si occupa dell’universo mondo”. È il punto di vista di Mauro Magatti, preside della facoltà di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano che sprona i laureati dell’area a “pensare di entrare a far parte di una tradizione che grazie al suo patrimonio di conoscenze gli permette di acquistare la capacità di leggere e interpretare i fenomeni”, senza rinunciare a “pretendere che l’università fornisca metodologie e strumenti per essere indirizzato verso degli ambiti che possano estendersi anche nella sua vita futura e nel mondo professionale”.
Se la percentuale dei totalmente soddisfatti del percorso prescelto si aggira intorno al 35%, la stragrande maggioranza dei laureati intervistati da Almalaurea (65,4%) si iscriverebbe allo stesso corso nella stessa facoltà e l’80% intende proseguire gli studi con un biennio di specializzazione. Non mancano, però, esperienze professionali durante i tre anni di studio: addirittura l’83% degli studenti intervistati ha lavorato con più o meno continuità, ma solo il 12% svolge un’attività coerente con il percorso prescelto.
Contrariamente all’immagine del sondaggista tuttologo che affolla redazioni e reti televisive, il laureato triennalista in Sociologia ha una forte motivazione a trovare un impiego nell’area delle Risorse Umane (71,5%), come anche nell’area pianificazione e organizzazione (52%) e nella ricerca e sviluppo (46%). L’acquisizione di professionalità è ritenuta l’aspetto più rilevante nella ricerca del lavoro (73,9%): è per questo che il più delle volte, durante i mesi immediatamente successivi al conseguimento del titolo triennale, molti laureati si trovano impiegati in lavori occasionali, parziali, stagionali anche molto lontani dalle conoscenze acquisite, per riuscire a sbarcare il lunario in attesa di un impiego più qualificante e in linea con i propri interessi.
Il contratto a tempo indeterminato resta la forma di inquadramento più ambita (85%), mentre il primato in negativo è lasciato al lavoro interinale che solo il 10% sarebbe disposto a svolgere. Non molto disponibili a trasferimenti di residenza e a trasferte di lavoro – solo il 30% accetterebbe queste ultime, ma in numero limitato – il 70% degli intervistati gradirebbe trovare un’occupazione entro la propria provincia di residenza. Un dato significativo che riflette anche la loro scarsa mobilità durante il percorso accademico: l’84% dei laureati non ha avuto esperienze internazionali di studio. Lavoro e buoi dei paesi tuoi.
Valentina De Matteo
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