Per manifestare il proprio disagio hanno scelto un momento simbolico della vita accademica: le sedute di laurea. Ieri – ma anche oggi, mercoledì 30 luglio – i ricercatori universitari della facoltà di Agraria dell’università di Teramo hanno richiamato l’attenzione sul loro “precario” futuro lavorativo e sui problemi cronici di sottofinanziamento del sistema universitario italiano.
I provvedimenti in questi giorni in discussione in Parlamento rischiano infatti di compromettere principalmente proprio le possibilità di lavoro e di carriera della classe più debole del sistema universitario.
I ricercatori (che rappresentano da soli più di 1/3 del personale docente dell’università) svolgono di fatto le stesse attività dei professori (insegnamento e ricerca) ma questo ruolo non è riconosciuto né a livello normativo né retributivo. Lo stipendio di entrata di un ricercatore (e mediamente si arriva al concorso di ricercatore dopo tre anni di dottorato e un numero imprecisato di anni di contratti precari, quindi ben oltre i trent’anni) è di circa 1.200 €; quello di un ricercatore “confermato” (dopo la valutazione positiva del lavoro svolto nei primi tre anni di attività) è di circa 1.600 €.
Tra i provvedimenti proposti vi è sia il blocco del turnover, quindi della possibilità di fatto per i ricercatori di fare carriera diventando professori, che degli scatti di anzianità, quindi della possibilità di progredire nello stipendio per anzianità di occupazione. La categoria dei ricercatori non ha quindi nessun privilegio da difendere come molti organi di stampa vogliono in questi giorni far credere all’opinione pubblica.
Il rischio è invece che provvedimenti indiscriminati vadano a colpire proprio chi dovrebbe assicurare il futuro dell’università. E garantire un futuro all’università, quindi la qualità della ricerca, della didattica ma anche l’accessibilità a tutti i soggetti meritevoli indipendentemente dal reddito, vuol dire garantire non una specifica categoria lavorativa ma lo sviluppo futuro della società e dell’economia italiana.
Manuel Massimo
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