Ci sono voluti due anni e le sue dimissioni. Ma nonostante le difficoltà, Fulvio Esposito, rettore dell’Università di Camerino, è riuscito a far approvare uno Statuto d’ateneo “che ripensa profondamente il modello di governance”. Proprio mentre la Conferenza dei rettori lancia una proposta per un nuovo modo di governare il complesso sistema degli atenei, dall’università marchigiana arriva un documento che in tempo di mandati rettorali che si protraggono per anni, parla di un Magnifico in carica sei anni non rieleggibile.
Ma anche di minori poteri per il rettore (che potrà esse sfiduciato), ingresso di rappresentanti del mondo dell’impresa, della cultura, di enti, istituzioni, associazioni all’interno del Consiglio d’amministrazione dell’ateneo; ruolo centrale degli studenti che non sono considerati dei semplici utenti, bensì componente fondamentale della Comunità universitaria e in quanto tali assumono un ruolo centrale e partecipano attivamente alla programmazione annuale e pluriennale dell’università.
Insomma un modo decisamente nuovo di concepire il macchinoso “universo università”, che introduce anche una novità assoluta: accorpare didattica e ricerca. E se gli chiedi di indicare l’elemento più innovativo, il rettore Esposito non ha dubbi: “Il superamento del dualismo facoltà/dipartimento e l’unificazione delle competenze su ricerca e formazione in un’unica struttura sono la novità più forte”.
Ma non c’è il rischio che un’unica struttura non riesca a portare buoni risultati né su un fronte, né sull’altro?
Credo che anzitutto questo comporterà un risparmio di tempo perché ciascuno di noi oggi afferisce ad un dipartimento e ad una facoltà, quindi come minimo deve partecipare alle sedute di due organi. Così quindi ci sarà guadagno netto di tempo e sveltimento dei processi decisionali.
Come siete arrivati a questa decisione?
Dobbiamo fare in modo che alle parole seguano le azioni. Aabbiamo sempre detto che la formazione universitaria si caratterizza perché, a differenza della formazione secondaria superiore, è strettamente connessa alla ricerca, però poi abbiamo mantenuto queste strutture separate, con i dipartimenti che tradizionalmente si occupano della ricerca e le facoltà che si occupano di didattica.
Il Consiglio di amministrazione verificherà che ogni corso triennale, specialistico e di dottorato abbia una radice profonda e solida nel filone di ricerca che caratterizza l’ateneo. Io francamente ne vedo solo vantaggi sia per gli studenti, sia per i ricercatori”.
Il vostro nuovo statuto va nella stessa direzione del recente documento della Crui in materia di governance?
In quel documento si dice tutto e il contrario di tutto, potremmo definirlo ‘veltroniano’, ispirato alla logica dei ‘ma anche’, ‘si può fare questo ma anche quest’altro’. Francamente non sono soddisfatto di quel documento, l’opinione pubblica oggi all’università chiede cambiamento, scelte coraggiose, come quelle proposte da questo statuto. E non lo dico perché ne sento la paternità, anzi. Il nostro documento è nato dai migliori cervelli che in Italia lavorano sulla governance da anni.
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