Investire nel proprio futuro? Si, ma con i bitcoin. Questa la conclusone di un quinto degli studenti americani che è entrato nel mondo delle criptovalute utilizzando i fondi concessi per finanziare i loro studi. Per l’esattezza sono risultati pari al 21,2% gli studenti del college che hanno avuto accesso a un prestito per gli studi che hanno sfruttato i fondi per mettersi alla prova con l’acquisto di criptovalute. È questo l’esito di un sondaggio appena pubblicato da The Student Loan Report, che ha posto a mille studenti la domanda diretta: «Avete mai usato il prestito per gli studi per investire in criptovalute come il bitcoin?».
Gli investimenti nel criptomondo sono stati il settore caldo del 2017 ed è noto che sono soprattutto i giovani a essere attratti dall’innovazione delle criptovalute e dall’idea di una valuta senza autorità centrale e tutta digitale, maneggiabile direttamente dal telefonino senza dover passare da alcun intermediario. A fare il resto ci ha pensato la performance di bitcoin, che è arrivato a dicembre a toccare un picco prossimo ai 20.000 dollari rispetto a meno di 1.000 a inizio anno. Ma che dirottassero i fondi concessi per lo studio all’investimento in bitcoin non era così immediato. In realtà questi prestiti, particolarmente diffusi negli Stati Uniti in considerazione degli alti costi del college e delle università, prevedono che una quota dei fondi possa essere utilizzata per “esigenze quotidiane”, per vitto e alloggio.
Quel che succede è che l’istituzione scolastica restituisce allo studente un assegno con l’importo non utilizzato per pagare i corsi semestrali e non c’è alcun controllo su come il residuo venga speso. Il che lascia spazio a utilizzi alternativi, anche a rincorrere il miraggio di guadagni che si sono rivelati fin troppo facili. Stando alle cifre pubblicate dallo stesso sito, sette studenti su dieci che hanno concluso gli studi nel 2015 avevano fatto ricorso al prestito scolastico, con una cifra media pari a poco meno di 30.000 dollari.
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