Quando il consiglio di classe non basta arriva il Tar. È successo a Trieste dove il tribunale amministrativo ha annullato la bocciatura ad un ragazzo di seconda media perché la scuola aveva avvertito dell’andamento scolastico soltanto la madre e non il padre, benché i due avessero l’affidamento condiviso. La legge del 2006 sull’affidamento condiviso di un minore per una coppia separata è chiaro, i genitori hanno l’obbligo di concordare tra di loro tutte le questioni più importanti per i figli, soprattutto l’educazione. Una parificazione dei ruoli che per molti anni non è stata rispettata da molti istituti scolastici per molti anni. C’è addirittura voluta una circolare del Ministero dell’Istruzione, nel 2015, per spiegare l’ovvio: padre e madre sono sullo stesso piano e non si può escludere l’uno o l’altra dalle informazioni inerenti l’educazione dei figli. Proprio partendo da quella circolare il Tar di Trieste ha “promosso” lo studente, ritenendo che la scuola avesse violato le norme dirette a tutelare la bigenitorialità in campo scolastico.
Non solo, ci sono stati spesso casi di pubblici uffici che non rispettavano tale normativa. E’ accaduto, in particolare, che alcuni comuni, ad esempio, accogliessero le richieste di trasferimento di residenza dei figli presentate da un solo genitore; molti istituti scolastici hanno spesso accettato iscrizioni firmate solo dalla mamma o solo dal papà, oppure hanno permesso l’accesso al registro elettronico (ad esempio) a un solo genitore. La casistica non è poi così limitata. E si tratta sempre di comportamenti sbagliati, assunti in spregio a precise disposizioni di legge: dall’affido condiviso, che è regola da 11 anni in Italia, derivava e deriva l’obbligo anche per le pubbliche amministrazione di permettere a entrambi i genitori, nonostante eventuali veti incrociati, di essere costantemente informati dell’andamento scolastico dei loro figli.
I giudici hanno però mantenuto l’affidamento alla madre nonostante non abbia informato il padre delle mancanze del figlio, pur avendo violato lo spirito e causato un danno al figlio; mentre la sentenza chiarisce che il padre del ragazzo pur avendo dichiarato la sua preoccupazione non sembra aver assunto quel comportamento attivo che pure è connesso all’esercizio congiunto della responsabilità genitoriali. Insomma a rimetterci è sempre il ragazzo, promosso si ma con insufficienza, e probabilmente non soltanto scolastica.
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