La protesta dei genitori: “No ai tablet a scuola, solo distrazioni”

tablet a scuola

“No ai Tablet a scuola” – E’ questa la risposta della I B elementare Iqbal Masih di Roma, che ha rifiutato di netto la proposta di trasformarsi in classe 2.0. Ad essere maggiormente preoccupati sono proprio i genitori “per un progetto i cui effetti non sono noti né a noi, né alle insegnanti, né al ministero proponente”.

I FATTI – A inizio anno la scuola aveva dato notizia in un comunicato del cambiamento in vista, senza che i genitori venissero prontamente informati e consultati – spiega Mauro Giordani, uno dei papà al capo delle “proteste tecnologiche”.

Il punto, però, è un altro: troppa didattica digitale, secondo i genitori, può essere dannosa. E lo hanno messo per iscritto, citando articoli e studi sul tema. Dispersività, dilatazione dei tempi di lavoro, perdita di attenzione: queste le preoccupazioni maggiori.

L’utilizzo precoce dei media digitali nei bambini – hanno scritto, rivolgendosi al Consiglio d’Istituto – “avrebbe conseguenze negative sul corretto sviluppo di abilità cognitive quali attenzione e memoria, sui processi emotivi, sull’autocontrollo, sulla socializzazione e l’identità personale. In Corea del Sud han coniato la definizione “demenza digitale”, per mettere in guardia contro la piaga della dipendenza da Internet. E a Los Angeles, dopo aver speso miliardi di dollari per informatizzare le scuole, stanno ora facendo marcia indietro perché si sono accorti che tablet e internet sono “armi di distrazione di massa”.

I genitori, così, hanno chiesto di sospendere immediatamente il progetto, e in alternativa, di acquistare strumenti didattici innovativi per l’istituto. “La scuola italiana è sempre più povera, sostengono i genitori, ma decine di milioni di euro vengono spesi per la migrazione digitale” – sostengono ancora i genitori, che si sono organizzati in dibattiti aperti per discutere sul tema.

Ad appoggiare i genitori c’è anche Roberto Casati, filosofo e direttore di Ricerca al Cnrs di Parigi: “Non è ancora chiaro – sostiene il ricercatore – il contributo pedagogico che le nuove tecnologie possono dare. Una delle ragioni più probabili risiede nel fatto che le tecnologie di oggi sono molto distraenti e abbassano la soglia dell’attenzione – spiega. Non sono contrario alle tecnologia nella scuola – continua, ma sono contro la logica di sostituzione che oggi sembra prevalere. Il mio è un invito alla prudenza: strumenti low tech devono continuare a coesistere con i nuovi, valutando a che cosa possano meglio servire gli uni e gli altri”.

E proprio quest’anno è partito il progetto “Total Tablet” nell’Istituto Frejus di Bardonecchia, sulle montagne sopra Torino, con lezioni a distanza, professori under 35 e compiti a casa che “non si fanno, ma si creano”. Come a dire, sulla questione c’è ancora molto da approfondire.

RN

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