Alla fine nello scontro tra il ministro dell’Istruzione e le merendine, hanno vinto le merendine. Si, perché nella Nota di aggiornamento del Def licenziata il 30 settembre dal Governo si registra un calo della spesa a partire dal prossimo anno di 0.1 punto percentuale del Pil, passando da 3,5 di quest’anno a 3,4 del 2020 con una decrescita prograssiva fino al 2040 (3,1% del Pil).
Un clamoroso passo indietro nel previsionale della prossima legge di Stabilità che arriverà in aula questo autunno e sul comparto istruzione. Eppure nei giorni scorsi fu proprio il premier Conte ad assicurare “nessuno taglio a scuola e università”. Mentre il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti nelle scorse settimane aveva addirittura parlato della volontà di trovare tre miliardi, due per la scuola e uno per l’università, pena le sue dimissioni a Natale. Il professore dell’Università di Pretoria in quota 5 Stelle aveva dichiarato più volte alla stampa la volontà di trovare le risorse nella tassazione delle rinominata “sweety-tax” sulle merendine e una tassa sui bigllietti dei trasporti inquinanti come quelli aerei. Niente di tutto questo avverrà, almeno secondo quanto previsto tra la cornice sulla quale si baserà l’impianto per la nuova legge di Bilancio per il prossimo anno.
Quello del capo di Viale Trastevere non era un semplice annuncio. Lo conferma il fatto che i primi tavoli avviati a viale Trastevere dopo il suo insediamento sono stati dedicati proprio a sugar tax e dintorni. Dopodiché l’aria all’interno della maggioranza, e soprattutto del M5S, deve essere cambiata. L’ipotesi di finanziare l’istruzione con nuove tasse, in un primo momento avallata dal premier Giuseppe Conte, è stata stroncata subito dopo dal ministro degli Esteri (nonché capo politico dei pentastellati), Luigi Di Maio.
Dunque, all’appello per il mondo dell’istruzione rischia di mancare 1,8 miliardi. Trovarli o meno non è questione da poco. Soprattutto se il governo giallorosso vuole realmente tradurre in realtà le promesse contenute nella Nadef stessa. A cominciare dalla riduzione delle classi pollaio e dell’aumento degli stipendi degli insegnanti. Solo queste misure insieme potrebbero costare un paio di miliardi. Risorse di cui al momento non c’è traccia.
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