Il ministro dell’Istruzione torna a minacciare le dimissioni se dalla manovra non usciranno i 3 miliardi che chiede per la scuola
Torna a minacciare le dimissioni dal dicastero dell’Istruzione di viale Trastevere il ministro Lorenzo Fioramonti se dalla manovra economica che oggi entra nel vivo alla prova degli emendamenti e della discussione non usciranno i 3 miliardi che lui ha chiesto che vangano messi a disposizione del mondo della scuola.
E a tale proposito il ministro dice di sostenere “l’emendamento proposto dalla senatrice Cattaneo affinché si vincolino 80 dei 140 milioni di euro statali per la copertura dei costi di ideazione, costruzione e mantenimento di facilities nazionali Ht e delle spese di mobilità dei ricercatori di università, Irccs e enti pubblici di ricerca”.
Fioramonti chiede più fondi per la ricerca, “non nuovi vincoli”
Secondo il ministro nell’ambito universitario ci sono atenei che si trovano “a operare in aree socio-economiche ricche e che hanno più facilità a reperire finanziamenti perché gran parte della popolazione studentesca ha un reddito superiore alla no tax area” ma nelle altre aree “accade la dinamica opposta” per cui “il compito dello Stato è fare in modo che tutte le altre città siano messe in condizione di correre “in egual misura. Tanto da spingere per l’introduzione di un ”fondo di perequazione”. E sulla manovra Fioramonti dice di avere la stessa posizione “di sempre”: chiede una ” inea di galleggiamento”, altrimenti dal prossimo anno – dichiara il ministro – “tante università non potranno pagare gli stipendi”. E secondo la media europea l’Italia “dovrebbe investire 24 miliardi di euro” e cinque anni fa, “sono andato a rivedere le cifre, su scuola e università c’era un investimento di 5 miliardi”. “La mia – chiosa il ministro – non è una pretesa arrogante, ma una battaglia politica. Chiedere 3 miliardi è il minimo per arrivare ad una soglia di galleggiamento ed evitare il fallimento di tante università”. E per ottenere questo risultato le uniche armi del ministro sono “mettere sulla bilancia la fine della esperienza governativa”.
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