Ocse, ottimizzare le risorse guardando al mercato del lavoro

Investire negli studi superiori è necessario, ma nell’attuale contesto di rigore di bilancio bisogna soprattutto «ottimizzare» le risorse e «adattare» i sistemi educativi al mercato del lavoro. È quanto indicato dall’Ocse nel suo rapporto annuale sull’educazione pubblicato oggi.

Investire negli studi superiori è necessario, ma nell’attuale contesto di rigore di bilancio bisogna soprattutto «ottimizzare» le risorse e «adattare» i sistemi educativi al mercato del lavoro. È quanto indicato dall’Ocse nel suo rapporto annuale sull’educazione pubblicato oggi.
Occupazione. Puntare sull’insegnamento superiore per stimolare l’occupazione e aumentare le entrate fiscali. Mediamente nei paesi dell’area un uomo con un diploma di scuola superiore genera 119.000 dollari in più di entrate fiscali e di contributi sociali rispetto ad un uomo diplomato della scuola secondaria. «Mentre la concorrenza si intensifica sul mercato mondiale dell’istruzione, gli Stati -sottolinea l’organizzazione internazionale- devono puntare per i loro sistemi educativi ad una qualità di livello internazionale in modo da assicurare una crescita economica di lungo termine».
 I più colpiti dalla crisi. Particolarmente colpiti dalla crisi i giovani con poche qualifiche: il tasso di disoccupazione dei diplomati della scuola superiore è rimasto al 4% in media nell’area dell’Ocse nel corso della recessione contro 9% per le persone che non hanno concluso gli studi secondari. Nei paesi colpiti per primi dalla recessione le persone poco qualificate hanno avuto difficoltà a trovare o a mantenere un posto di lavoro.  
La spesa pubblica. In media, i paesi dell’Ocse dedicano il 13,3% della spesa pubblica complessiva per l’istruzione, variando da meno del 10% nella Repubblica Ceca, Italia e Giappone al quasi 22% del Messico. Nei paesi dell’Ocse, in media, oltre il 90% dell’istruzione primaria, secondaria e post-secondaria non universitaria è pagato con fondi pubblici. I finanziamenti privati sono più evidenti nell’istruzione terziaria, dove variano dal meno del 5% di Danimarca, Finlandia e Norvegia ad oltre il 75% in Cile e Corea. Nei paesi dell’Ocse, il 92% della spesa totale va alle spese correnti per l’istruzione primaria, secondaria e post-secondaria non universitaria, di cui oltre il 70% è destinato alle retribuzioni del personale, ad eccezione di quattro paesi.
Istruzione in crescita. Negli ultimi trent’anni, i livelli di istruzione sono molto cresciuti: in media nei paesi dell’Ocse, la quota di 25-34enni con almeno un’istruzione secondaria superiore è di 22 punti percentuali superiore a quella della fascia di età 55-64. Tra i più giovani (17-20 anni), i tassi di conseguimento di un titolo di istruzione secondaria superiore supera ormai il 70% in più dei due terzi dei paesi Ocse e sono almeno il 90% in nove paesi. In un certo numero di paesi, in particolare Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia, gli studenti di età superiore a 25 anni rappresentano 10 o più punti percentuali.
Paese Italia. E la prima a spendere poco per la scuola è proprio l’Italia, seconda solo alla Slovacchia. Secondo l’Ocse il nostro Paese spende il 4,5% del Pil per l’istruzione, la Slovacchia il 4%, contro una media dei Paesi Ocse del 5,7%, dove ai primi posti si piazzano Islanda, Stati Uniti e Danimarca. Ogni scolaro costa in media ogni anno 6622 dollari (non molto lontana dalla media Ocse di 6687 dollari). L’Italia è inoltre ultima in classifica, per la percentuale di spesa pubblica destinata alla scuola, il 9% (rispetto a una media del 13,3), seguita da vicino da Giappone e Repubblica ceca.

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