L’intelligenza artificiale, in un anno aumento del 30% dell’uso nel mondo del lavoro

Cuzzilla (Federmanager): “L’investimento in formazione ancora insufficiente rispetto la portata del cambiamento in atto”
Foto di tungnguyen0905 da Pixabay

Nello scorso mese sono stati quasi dicecimila le imprese italiane che hanno integrato l’intelligenza artificiale nelle proprie linee di prodotti o servizi, con un aumento del 30% rispetto l’anno precedente. Moltissima la richiesta di personale in grado di lavorare con l’intelligenza artifciale, passati dai 40 mila di inizio anno agli oltre 300 mila attuali. I dati sono fotografati dal VI rapporto dell’Osservatorio di 4.Manager “Intelligenza Artificiale. Cambiamento culturale e organizzativo per le imprese e manager: nuove traiettorie della managerialità”, che verrà presentato oggi all’aperture dell’anno accademico della Pontificia Università Antonianum.

Il 48,1% delle imprese del campione integrano l’AI per migliorare i processi produttivi, mentre il 40% sottolinea l’importanza della collaborazione interdisciplinare per sfruttarne al meglio i benefici. Le realtà più grandi adottano l’intelligenza artificiale al 24% contro il 5% di piccole e medie imprese. Milano, Roma, Torino, Bologna, Napoli sono i principali centri di adozione nei settori It, sviluppo software e servizi di ricerca.

Cuzzilla (Federmanager): “Investimenti in formazione sull’AI ancora insufficiente”

Siamo ancora agli inizi. Secondo i dati del rapporto, infatti, il 35% delle aziende italiane utilizza l’intelligenza artificiale in maniera limitata o sperimentale, mentre solo 1,9% la considera una priorità strategica. Insomma la maggior parte delle aziende è ancora in una fase di esplorazione. “Sebbene l’intelligenza artificiale stia rivoluzionando il mondo dell’impresa il vero valore continua a risiedere nell’intelligenza umana – sottolinea Stefano Cuzzilla, presidente di 4.Manager e Federmanager -. I nostri sistemi produttivi sono miniere di saperi e abilità, in gran parte ancora inesplorate dell’AI, che aspettano di essere valorizzate. Ad oggi, però, l’investimento in formazione è ancora insufficiente rispetto alla portata del cambiamento in atto”.

“L’innovazione tecnologica è un motore dello sviluppo del Paese ed è fondamentale la capacità di guidare il cambiamento per assicurare alle nostre imprese la disponibilità di competenze e di know-how adeguatamente formato, per autarle a massimizzare le opportunità di investimenti in nuove tecnologie ed essere più competitive sui mercati nazionali ed internazionali”, aggiunge Alberto Tripi, special advisor di Confindustria per l’Intelligenza artificiale.

Mancanza di competenze digitali sfiora il 55%

AI integration specialist, strategy director o chief data officer: sono i lavori più richiesti in questo periodo tra le aziende che vogliono usare l’AI ma le figure non si trovano. Negli ultimi cinque anni la richiesta di professionisti che lavorano con l’intelligenza artficiale è aumentata del 157% secondo il rapporto di 4.Manager. Eppure personale con queste professionalità è di difficile reperimento: il 55% delle aziende intervistate nel campione non riescono a trovare queste figure.

Sono il 53,4% le aziende che hanno inserito nuove figure professionali legate all’AI nell’ultimo annno, mentre il 15,2% sta pianificando di farlo nel prossimo futuro. Manca personale specializzato, in particolare a livelli manageriali. Le imprese cercano profili che combinano competenze tecniche, capacità di analisi critica e leadership. Tra le figure più richieste spicca l’AI Integration Specialist (18,6%), Chief Data Officer (,9,3%) e AI Strategy Director (8,9%). Altri ruoli includono il Data Science Manager (8,4%) e il Chief AI Officer (7,2%) per una guida specializzata e una gestione complessa per l’integrazione delle tecnologlie emergenti.

Le aziende stanno mettendo in campo sempre più iniziative formative e interne o collaborazioni con università, Its Academy, centri di formazione. Le competenze tecniche, come la gestione e l’analisi dei dati, sono fondamentali per affrontare le sfide dela digitalizzazione, ma altrettanto importanti sono le sfot skills come pensiero critico, flessibilità al cambiamento e capacità di gestire il processo di trasformazione.

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