I diplomati magistrali possono tirare un sospiro di sollievo, almeno fino ad ottobre. Il governo, infatti, con il decreto dignità ha congelato la situazione dei 5.600 insegnanti che avevano già ricevuto la cattedra a tempo indeterminato (con riserva) e degli altri 45mila che rischiano di essere depennati dalle graduatorie ad esaurimento, perdendo ogni speranza d’assunzione.
120 giorni che permetteranno di iniziare regolarmente l’anno scolastico a settembre ma già ad ottobre, se non arriverà alcun provvedimento, dovranno lasciare la cattedra 5.600 maestri. Il vice premier Luigi Di Maio aveva annunciato su Facebook: “Abbiamo prorogato di 120 giorni gli effetti in modo da poter trovare una soluzione”. Parole che ieri sono state riprese anche dl ministro dell’Istruzone Bussetti: “Con il decreto viene esteso al caso dei diplomati magistrali quanto previsto dal decreto legge 669/1996, che conede alle amministrazioni di ottemperare alll’esecuzione dei provvedimenti giudiziari entro 120 giorni”.
L’intervento, giustificato dal ministro come necessario per far partire senza grossi intoppi l’anno scolastico, ha anticipato la conversione in legge che, assicura il Miur: “Sarà poi comletato il quadro normativo disciplinano procedure di reclutamento nel rispetto della legislazione vigente”. Insomma sembra prospettarsi i rumors della campagna elettorale: un provvedimento cucito su misura per mantenere i maestri ed aggirare la sentenza del Consiglio di Stato.
La proposta, però, non sembra aver riscosso il consenso dei maestri in protesta permanente da aprile di fronte il Miur. “È un provvedimento momentaneo – spiega al fattoquotidiano.it Elena De Meo, 35 anni, maestra dal 2006 – restiamo in attesa di quello definitivo. Un congelamento di 120 giorni non basta. I vertici del Ministero hanno annunciato una svolta entro il 15 luglio. Questo governo non può macchiarsi di un licenziamento di massa. Allo stato attuale con questa proroga l’anno scolastico comincerà regolarmente ma dopo un paio di mesi rischiamo di non avere più alcun posto. Resteremo qui finché non arriverà una soluzione definitiva”.
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