“I precari della scuola? Sono semplici lavoratori stagionali”. Questa sorprendente affermazione non è stata fatta dal classico politico in cerca di protagonismo, ma si legge in un dossier del Servizio Studi-Dipartimento Cultura della Camera dei Deputati e dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea allegato alla presentazione in Parlamento del DDL sulla Buona scuola, insomma nella relazione che il Governo ha utilizzato per difendersi dalle accuse di illegittimità avanzate lo scorso Novembre dalla Commissione Europea nei riguardi dell’abuso di contratti a termine nel settore scuola.
Insegnanti precari e personale Ata equiparati a raccoglitori di patate o di pomodori? Se questa è la linea scelta dal governo, dalla UE arriva una secca replica: “Non è nemmeno sostenibile l’argomentazione delle autorità italiane che si tratti di un tipo di lavoro stagionale – si legge nello stesso dossier – dal momento che lo stesso tipo di attività lavorativa ma a tempo indeterminato avrebbe lo stesso carattere di stagionalità. Inoltre, lo stesso ordinamento italiano (DPR n. 1525/1963) non include l’attività didattica tra le attività di lavoro stagionale. Il fatto poi che uno stesso docente possa lavorare per più di venti anni con contratti di lavoro a tempo determinato contraddice l’esistenza delle ragioni oggettive invocate dalle autorità italiane (sostituzione e stagionalità)”.
Una situazione che sfiora l’assurdo e che non mancherà di suscitare reazioni. Tra lo sconcerto e l’ironico il commento, ad esempio, dell’avvocato Walter Miceli (Anief): “C’è un lato comico nelle difese del Ministero. Cerco di immaginare che faccia abbiano potuto fare gli austeri membri della Commissione Europea quando hanno ascoltato la descrizione degli insegnanti precari come lavoratori stagionali, al pari dei raccoglitori di patate”.
La partita, insomma, resta aperta. Staremo a vedere se dal governo arriveranno nuove decisioni in merito e soprattutto una diversa considerazione per il lavoro di migliaia di precari.
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