Campi di sterminio, qualcosa che ha a che fare con il comunismo, fosse comuni. Cosa siano le foibe non è ancora molto chiaro ai ragazzi delle scuole superiori che stanno partecipando a “Profumo d’Italia”, la due giorni, iniziata ieri, organizzata dagli studenti della Consulta provinciale di Roma, con la collaborazione del Ministero della Gioventù, del Ministero per la tutela dell’Ambiente e dell’Assessorato alle politiche culturali presso il Palazzo dei Congressi di Roma.
Si sa che da sempre la questione istriana (sottotitolo dell’evento: parole, sapore, musica e immagini d’Istria, Fiume e Dalmazia) è argomento di scontro politico, per interpretazioni che divergono completamente e che hanno comportato più di una volta l’accusa di revisionismo storico a chi, come gli esponenti di destra (spesso dei gruppi più estremi), ha desiderato rivendicarne il ricordo. E proprio con questo spirito è stata presentata l’iniziativa degli studenti, per ricordare che “la gente che è morta sul nostro confine orientale non aveva tessere di partito in tasca”, come ha detto Andrea Moi, presidente di (Azione studentesca) della Consulta provinciale, inaugurando l’incontro.
Durante la prima mattinata l’associazione culturale Studio Openspace di Trieste ha messo in scena la rappresentazione teatrale “Memorie”, a cui è seguito un dibattito con il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, lo storico e scrittore Vincenzo Maria de Luca e l’esule Alide Gasperini. Proprio Menia è stato promotore e firmatario della legge del 2004 che istituisce il 10 febbraio come giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata. “Vengo da una famiglia di esuli – ha spiegato il sottosegretario – e per tutto quello che ho vissuto, anche attraverso i racconti di mia madre, sentivo profonda e palese l’ingiustizia storica perché tengo al profondo senso di identità nazionale. Quello istriano è stato il più grande esodo della storia italiana, che ha coinvolto 350mila persone. Se ci fosse stata la possibilità di esprimersi in merito, avremmo avuto un plebiscito a favore dell’annessione di quelle terre. Ma non è andata così e proprio un plebiscito negato si è trasformato in un esodo. E oggi – ha concluso – ci rifiutiamo di credere a chi sostiene che le foibe siano la logica reazione ai soprusi dell’Italia”.
L’intervento del ministro Meloni ha puntato l’indice soprattutto sui manuali di storia del Novecento. “Qualche hanno fa ho passato un’estate a leggerli e questa barbarie non veniva raccontata. Un testo però vi faceva accenno riportando anche una foto della foiba di Basovizza la cui didascalia recitava ‘Luogo di frequenti suicidi’”. Il ministro parla ai ragazzi in sala spiegando loro quali tipi di massacri venivano compiuti dalle truppe titine e poi ha ripetuto un’affermazione già fatta in altre occasioni: “È inconcepibile che si conosca un guerrigliero boliviano e non si sappia nulla di Norma Cossetto, una giovane istriana che studiava a Padova, seviziata da 17 persone per non aver voluto accodarsi alla milizia dei partigiani della resistenza italiana e jugoslava”.
Ma neanche questa volta si è riuscito a parlare di foibe senza scatenare la reazione degli studenti di sinistra. Un gruppo di appartenenti ai collettivi studenteschi, infatti, ha tentato di prendere parte, non riuscendoci, al convegno. Così hanno manifestato il loro dissenso con un lancio di uova e con scritte antifasciste su striscioni che recitavano “Fuori il fascismo dalle scuole. Noi non dimentichiamo”. “Ma questi imbecilli qui fuori non capiscono che siamo qui a ricordare italiani morti per il fatto di essere italiani” è stato il commento del ministro Meloni.
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