Nessun risarcimento per le famiglie dei sette studenti morti a L’Aquila il 6 aprile del 2009 nel crollo della loro casa provocato dal terremoto. A deciderlo è stata la Corte d’Appello del capoluogo abruzzese secondo cui a provocare la morte dei sette ragazzi sotto le macerie fu la loro “condotta incauta”, ovvero la decisione di restare a casa nonostante ormai da giorni fosse in atto in tutta la città uno sciame sismico. Oltre a non ottenere nessun risarcimento, le famiglie degli studenti morti a L’Aquila dovranno pagare anche le spese legali.
I nomi delle vittime
Le famiglie degli studenti (Nicola Bianchi, Ivana Lannutti, Enza Terzini, Michele Strazzella, Daniela Bortoletti, Sara Persichitti e Nicola Colonna, questi erano i loro nomi) però non si danno per vinti e hanno annunciato fin da subito la volontà di ricorrere in Cassazione per quella che reputano una sentenza “raccapricciante”.
“State tranquilli”
Per loro, quel maledetto giorno i ragazzi decisero di restare in casa nonostante lo sciame sismico che colpì L’Aquila andasse avanti da molti giorni, perché rassicurati dagli esperti della Commissione grandi rischi che avevano invitato i cittadini a “dormire sonni tranquilli”.
La beffa delle spese legali
Secondo i giudici non ci sono elementi per poter affermare che i sette studenti rimasero in casa perché condizionati dalle parole degli scienziati della Commissione grandi rischi. Una convinzione ribadita adesso in appello e che conferma quella del processo di primo grado, nel 2022, che aveva già scagionato la presidenza del Consiglio dei ministri assieme alla Commissione. Adesso, oltre a non stabilire nessun risarcimento, le famiglie dei sette studenti dovranno pagare anche 15mila euro di spese legali.
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